Io la conoscevo bene
Durata
99
Formato
Regista
Partita dalla campagna pistoiese alla volta di Roma, la giovane e bella Adriana (Stefania Sandrelli) cerca di realizzare il sogno di approdare al cinema. La sua ingenuità la renderà preda di un mondo spietato e cinico, fino alla drammatica presa di coscienza finale.
Analisi e meccanismi affrontati in La parmigiana (1963) trovano qui piena compiutezza: Antonio Pietrangeli, anche sceneggiatore con Ruggero Maccari ed Ettore Scola, realizza uno dei suoi film più sentiti e riusciti, che arriva a spiccare nel panorama cinematografico italiano degli anni Sessanta. Racconto straziante e disturbante sulla corruzione di un'anima, contaminata da un mondo immolato all'arrivismo e a una sfrenata esaltazione della mediocrità, il film è dominato dalla figura ingenua di Adriana (tratteggiata da una Stefania Sandrelli in stato di grazia), apparentemente disinibita e impermeabile, che si concede a chiunque per acquisire esperienza, simbolo primario, nonché vittima sacrificale, di quella degenerazione morale portata dal boom economico e dalla decadenza dei costumi contemporanei. La stigmatizzazione della melliflua dolce vita non si ferma al facile sociologismo, ma è lo strumento di un'analisi psicologica mai banale, funzionale alla struttura del film, in cui la storia avanza per quadri che rispettano la cronologia, isolando i momenti chiave e alternando con sapienza toni buffi e amari. Memorabile il personaggio di Bagini (interpretato da uno straordinario Ugo Tognazzi, vincitore del Nastro d'argento), sorta di mendicante artistico che incarna il lato oscuro di Adriana, prefigurando un epilogo sconvolgente e indimenticabile. Comprimari d'eccezione: Nino Manfredi è Cianfanna, Enrico Maria Salerno è Roberto, Turi Ferro è il commissario. Splendido bianco e nero di Armando Nannuzzi, musiche di Piero Piccioni.
Analisi e meccanismi affrontati in La parmigiana (1963) trovano qui piena compiutezza: Antonio Pietrangeli, anche sceneggiatore con Ruggero Maccari ed Ettore Scola, realizza uno dei suoi film più sentiti e riusciti, che arriva a spiccare nel panorama cinematografico italiano degli anni Sessanta. Racconto straziante e disturbante sulla corruzione di un'anima, contaminata da un mondo immolato all'arrivismo e a una sfrenata esaltazione della mediocrità, il film è dominato dalla figura ingenua di Adriana (tratteggiata da una Stefania Sandrelli in stato di grazia), apparentemente disinibita e impermeabile, che si concede a chiunque per acquisire esperienza, simbolo primario, nonché vittima sacrificale, di quella degenerazione morale portata dal boom economico e dalla decadenza dei costumi contemporanei. La stigmatizzazione della melliflua dolce vita non si ferma al facile sociologismo, ma è lo strumento di un'analisi psicologica mai banale, funzionale alla struttura del film, in cui la storia avanza per quadri che rispettano la cronologia, isolando i momenti chiave e alternando con sapienza toni buffi e amari. Memorabile il personaggio di Bagini (interpretato da uno straordinario Ugo Tognazzi, vincitore del Nastro d'argento), sorta di mendicante artistico che incarna il lato oscuro di Adriana, prefigurando un epilogo sconvolgente e indimenticabile. Comprimari d'eccezione: Nino Manfredi è Cianfanna, Enrico Maria Salerno è Roberto, Turi Ferro è il commissario. Splendido bianco e nero di Armando Nannuzzi, musiche di Piero Piccioni.