La pantera delle nevi

Il fotografo naturalista Vincent Munier e lo scrittore Sylvain Tesson si avventurano sull’altopiano tibetano alla ricerca della rarissima pantera delle nevi riflettendo sul rapporto tra uomo e natura selvaggia.

Non sorprende che nel 2019, in seguito al viaggio documentato nella pellicola, Tesson scriva un libro dallo stesso titolo. Il documentario ha infatti due anime molto ben distinte: una più tipica del genere con riprese e scatti fotografici di animali e vasti paesaggi, l’altra fatta di dialoghi e monologhi quasi filosofici che non esprimono solo un punto di vista (a volte estremo) sulle conseguenze dell’agire dell’uomo sulla natura, ma anche considerazioni più cinematografiche, come la questione dello sguardo e la necessità di un’estetica. I registi tengono abbastanza bene le redini delle due anime per quasi tutta la pellicola, ma in alcuni momenti quella più intellettuale stride con quanto predicato nel film: alcune foto troppo “elaborate” disturbano il nostro sguardo rapito da quella natura intoccata. Quando siamo nel puro documentario, invece, la pellicola a volte perde di mordente e di ritmo, ma il film rimane comunque un viaggio da non perdere che ci trascina in un mondo ferino, dove la pazienza, la capacità di attendere e il silenzio si contrappongono al mondo degli esseri umani, una Babylon chazelliana assordante e senza sosta. Premio César 2022 come miglior documentario, è d’obbligo una menzione d’onore alla colonna sonora di Warren Ellis e Nick Cave, la terza fondamentale anima del documentario, utilizzata sempre con sapienza nel sollecitare l’emotività dello spettatore.