Maborosi

Maboroshi no hikari

Anno

Paese

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Durata

110

Formato

Da poco sposati e con un figlio appena nato, Yumiko (Makiko Esumi) e Ikuo (Tadanobu Asano) sono una giovane coppia felice e spensierata. L'idillio si rompe con l'improvvisa morte di Ikuo, apparentemente suicidatosi sotto un treno in transito. Alcuni anni dopo Yumiko cerca di rifarsi una vita acconsentendo a un matrimonio combinato, ma i dubbi legati al tragico gesto dell'ex marito non le danno pace.

Ispirato a un romanzo breve di Teru Miyamoto, il film segna l'esordio nel cinema di fiction di Hirokazu Kore-Eda, già autore nei primi anni Novanta di apprezzati documentari televisivi fra cui Eiga ga jidai o utsusutoki – Hou Hsiao-hsien to Edward Yang (1993) sui due padri del nuovo cinema taiwanese. Utilizzando esclusivamente luci basse e naturali e prediligendo campi medi e inquadrature fisse (una composizione formale precisa e rigorosa che a molti ha ricordato l'intima compostezza del cinema di Ozu), il regista giapponese dirige un dramma sospeso fra sogno e realtà, in cui riflette con tono malinconico sulla natura effimera di ogni cosa (il titolo nipponico si può tradurre liberamente come “luce illusoria”). Siamo solo in apparenza lontani dalla limpida concretezza dei successivi Nessuno lo sa (2004) e Still Walking (2008), ma i temi prediletti del regista, dal lutto alla memoria, dalla famiglia alla distanza, sono già tutti qui. Tra le numerose domande che rimangono irrisolte si fa strada una sola certezza, la morte è un problema esclusivamente dei vivi: è così che la scomparsa di Tadanobu Asano dopo appena venti minuti dall'inizio della pellicola si rivela un puro artificio narrativo che dà modo a Kore-Eda di arrestare la narrazione e indagare lo struggimento di “quelli destinati a restare”. Rimanendo a distanza dai suoi personaggi — ma solo per inquadrarne meglio il dolore — il regista li immerge in atmosfere rarefatte e scenari suggestivi, riuscendo infine nell'impresa di catturare un vero e proprio miraggio. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 1995, il film è stato premiato con l'Osella d'oro per la miglior regia.
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