Che siano stati buoni o cattivi in vita, tutti gli esseri umani una volta morti devono trascorrere una settimana in una sorta di limbo. Qui, aiutati da appositi funzionari, possono scegliere un solo ricordo della loro vita passata in cui vivere per il resto dell'eternità.

Interessante riflessione sull'esistenza umana dal punto di vista dei defunti, il secondo lungometraggio di Hirokazu Kore-Eda si può leggere come l'ideale controcampo della sua pellicola d'esordio, il dolente Maborosi (1995) che tre anni prima raccontava la storia di una giovane donna costretta a fare i conti con la morte del marito. Lirico e allo stesso tempo divertente, malinconico senza rinunciare alla leggerezza, il film abbandona i toni foschi della pellicola precedente e mescola abilmente finzione fantastica ed elementi semi-documentaristici (nel cast sono presenti diversi attori non professionisti che raccontano esperienze di vita reali) per mettere in scena un aldilà sorprendentemente laico e burocratizzato. Dal giovane che si rifiuta di scegliere un solo ricordo alla donna che si accontenta di rivivere la fioritura di un giardino di ciliegi, dal vecchio indeciso fino allo scadere del tempo all'aviatore che vorrebbe continuare a volare fra le nuvole, Kore-Eda presenta una serie di personaggi di semplice e profonda umanità, tratta in maniera pudica e rispettosa le loro storie intime e invita lo spettatore a prendere parte al suo gioco e a compiere a sua volta il silenzioso bilancio della propria vita. Struttura circolare e messa in scena lineare per un film che si interroga, non senza alcune lungaggini nella parte centrale, sul valore arbitrario ma insostituibile del ricordo personale. Inno all'amore, visto come l'unico sentimento in grado di resistere alla morte, ma soprattutto inno al cinema (i ricordi scelti dai defunti vengono ricreati in veri e propri set cinematografici), fabbrica dei sogni per i vivi e delle memorie per i morti, strumento deputato fin dalle sue origini alla conservazione di epoche lontane, luoghi nascosti ed emozioni irripetibili. Peccato per qualche ridondanza di troppo, ma è una pellicola che sa toccare corde profondissime.
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