Contro il destino
Paris s'éveille
Durata
95
Formato
Regista
Padre (Jean-Pierre Léaud) e figlio (Thomas Langmann) s'incontrano dopo quattro anni a Parigi. Dei due il vero immaturo è il genitore: sta con una ragazza appena diciottenne (Judith Godrèche), che però si indirizzerà verso il figlio per poi seguire, infine, solo i suoi personali interessi, che la porteranno a diventare annunciatrice Tv.
Un universo di personaggi randagi, senza una preciso baricentro in nessun ambito, calati in una realtà in cui i palpiti scomposti della Generazione X dei primi anni '90 appaiono trasferiti, in modo raffinato e anacronistico, sulle coordinate estetiche della Nouvelle Vague che fu. Olivier Assayas alza un po' l'asticella rispetto ai suoi primi due film (Il disordine, del 1986, e Il bambino d'inverno, del 1989) e ribadisce di essere l'erede più degno della tradizione cinematografica transalpina che rivoluzionò il linguaggio cinematografico a partire dalla fine degli anni cinquanta. La sua visione cela però un certo conservatorismo stucchevole dietro il pur consapevole ammiccamento cinefilo. Ed ecco che, nonostante l'universo sterminato di rievocazioni che la presenza in scena di Jean-Pierre Léaud riporta alla mente (qui l'attore è il padre, a riprova del passaggio di un'epoca), il meccanismo di Assayas appare gravato da un eccessivo e invadente formalismo, in gran parte derivativo. Musiche di John Cale.
Un universo di personaggi randagi, senza una preciso baricentro in nessun ambito, calati in una realtà in cui i palpiti scomposti della Generazione X dei primi anni '90 appaiono trasferiti, in modo raffinato e anacronistico, sulle coordinate estetiche della Nouvelle Vague che fu. Olivier Assayas alza un po' l'asticella rispetto ai suoi primi due film (Il disordine, del 1986, e Il bambino d'inverno, del 1989) e ribadisce di essere l'erede più degno della tradizione cinematografica transalpina che rivoluzionò il linguaggio cinematografico a partire dalla fine degli anni cinquanta. La sua visione cela però un certo conservatorismo stucchevole dietro il pur consapevole ammiccamento cinefilo. Ed ecco che, nonostante l'universo sterminato di rievocazioni che la presenza in scena di Jean-Pierre Léaud riporta alla mente (qui l'attore è il padre, a riprova del passaggio di un'epoca), il meccanismo di Assayas appare gravato da un eccessivo e invadente formalismo, in gran parte derivativo. Musiche di John Cale.