L'inquietante personalità dell'attrice Joan Crawford (Faye Dunaway), collerica e instabile, descritta dagli occhi dolenti e partecipi della figlia adottiva Christina (Mara Hobel da bambina, Diana Scarwid da adulta), tra crisi isteriche, torture psicologiche e aberrazioni quotidiane.

Dal romanzo di Christina Crawford (adattato dal regista Frank Perry con Frank Yablans, Tracy Hotchner e Robert Getchell), un dramma a tinte forti che di biografico non ha poi molto, dato l'evidente e rancoroso pregiudizio di un'autrice che descrive in maniera mostruosa una madre ingombrante e psicotica. Un'operazione non esente da schematismi e assai più convenzionale di quanto le apparenze suggeriscano; ma gli eccessi strabordanti e il sottile furore che pervade il film appaiono funzionali al ritratto di una diva destinata ad andare oltre la propria aura cinematografica e votata, nel bene e nel male, alla stigmatizzazione. Semplicemente straordinaria Faye Dunaway, alle prese con un ruolo ambiguo e tutt'altro che facile, e notevoli le ambientazioni opprimenti esaltate dalla fotografia di Paul Lohmann. Jocelyn Brando, sorella del celebre Marlon, è Barbara Bennett; musiche di Henry Mancini. Ingiusta pioggia di candidature (e vittorie) ai Razzie Awards.
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