8 settembre 1943. Il generale Badoglio annuncia l'armistizio e scappa, lasciando l'esercito senza alcuna direttiva e allo sbando. I soldati esultano nelle caserme, pregustando già il ritorno a casa, ma non hanno fatto i conti con la nuova realtà appena mutata: i tedeschi adesso sono i nemici e il paese è spaccato in due dalla guerra civile. Il sottotenente Alberto Innocenzi (Alberto Sordi), disinteressato alle questioni politiche, cerca di tornare a casa, ma il viaggio attraverso un'Italia divisa gli aprirà gli occhi.

A quindici anni di distanza dalla fine della Seconda guerra mondiale, Luigi Comencini prova a raccontarla dal suo punto di vista, vale a dire dalla prospettiva di un cinema squisitamente e genuinamente popolare. Lo fa mescolando, con schiettezza e maestria, la drammaticità degli eventi ai toni della commedia, forte di una sceneggiatura, firmata dal regista stesso insieme a Marcello Fondato e ad Age & Scarpelli, multiforme ma priva di forzature, capace tra le altre cose di mettere in risalto le molte tendenze e le molteplici anime di una nazione allo sbaraglio, colta in uno stato di caos sociale: c'è chi, come il protagonista, pensa solo a se stesso e ai propri interessi, ma anche chi si prodiga e aiuta come può, donando vestiti, rifugio, vitto e alloggio; per non parlare di chi, per far fronte alla fame, sottrae la farina ai furgoni parcheggiati. Accanto alla piacevolezza dei dialoghi e all'atmosfera resa leggera da alcune gag puntuali e ricorrenti ma mai fuori posto, come il pacco pieno di cibo che il geniere Ceccarelli di Serge Reggiani deve consegnare, la regia mostra, con franchezza e indulgenza, uno stato di povertà diffusa e pone al centro della ribalta una situazione di forte difficoltà, in cui si percepisce il serpeggiante senso di abbandono da parte delle autorità, che viene denunciato con caparbietà e procedimenti stilistici affini al neorealismo. La superba interpretazione di Alberto Sordi nei panni del protagonista esprime il meglio e il peggio dell'italiano medio e la sua evoluzione nel corso del lungometraggio lo porterà a una consapevolezza e a un senso di responsabilità che prima non aveva, dando al personaggio una componente dinamica da non sottovalutare.
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