Manon (Emmanuelle Béart) è la figlia di Jean de Florette. Sono passati dieci anni dalla perdita di suo padre e ora conosce i nomi dei responsabili della sua morte. Decide di vendicarsi, privando loro e il villaggio vicino dell'acqua. Manon avrà il suo riscatto solo dopo un colpo di scena finito in tragedia.

Jean de Florette (1986) e Manon delle sorgenti (1986) sono due adattamenti cinematografici del testo di Pagnol L'eau des collines. Berri, in questo caso, abbandona il registro estremamente drammatico del primo episodio, scegliendo una messa in scena più sottilmente empatica e pittorica, che trae energia da dialoghi intensi e dalla forte presenza scenica del cast, pur funzionando a corrente alterna e non mantenendo sempre il medesimo livello di guardia. Il fascino dei paesaggi e un certo modo di raccontare abitanti ed elementi rurali conferisce alla pellicola un aspetto elegante ma al contempo genuino e popolare, riuscendo così a superare in parte anche il rischio di tramutarsi in un feuilleton dozzinale, nel quale si scade solo in qualche momento. Lo script si allontana parzialmente dal testo originale, almeno nell'intenzione di voler spostare il baricentro più su un racconto corale che su una storia familiare: una scelta che non sempre premia l'operazione, ma della quale si intuiscono le ragioni d'opportunità. Semplicità, gradevolezza, ma con qualche ridondanza e una colonna sonora invadente.
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