La quotidianità annoiata di una coppia borghese, che lo scrittore Michele (Jean-Louis Trintignant) cerca di esorcizzare assecondando la moglie Nina (Florinda Bolkan) a intrattenere una relazione extraconiugale con l'amico Max (Tony Musante). L'entrata in scena del gigolò Ric (Lino Capolicchio) sconvolgerà, ma solo per poco, gli equilibri.

Dramma da camera diretto da Giuseppe Patroni Griffi, che adatta (con la collaborazione di Dario Argento e Carlo Carunchio) la sua omonima pièce. Al secondo lungometraggio (dopo Il mare, 1963), l'autore tenta di rappresentare le piccinerie e l'ipocrisia di un nucleo allargato tipicamente borghese, con annessi tradimenti, velleità di evasione, cinismo imperante, illusione di un utopico cambiamento. Ambizioni pindariche ma, se sul palcoscenico il meccanismo funzionava (risultando disturbante e angoscioso), sul grande schermo cortocircuita, annacquato da un ritmo logorante e poco funzionale, arrivando a veicolare qualcosa di ben poco originale e incisivo di una classe sociale votata al dichiarato annullamento. Immobilismo e languori per un film che è (consapevolmente o meno) teatro filmato, con tutti i limiti del caso; il cast, comunque, appare in discreta forma e Florinda Bolkan è a dir poco abbagliante. Confezione delle grandi occasioni: musiche (splendide) di Ennio Morricone, fotografia (efficace) di Tonino Delli Colli. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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