Moebius

Moibi-useu

Anno

Generi

Durata

90

Formato

Regista

Una moglie (Lee Eun-woo) soffre per i continui tradimenti del marito (Cho Jae-hyun). Quando il figlio (Seo Young-ju) della coppia assiste all'ennesimo tradimento del padre, la madre mette in atto un diabolico piano: punire il consorte evirandolo. Non riuscendoci, castra il ragazzo e abbandona la famiglia. Il genitore, in preda ai sensi di colpa e al rimorso, per rimediare al dramma opta per una soluzione a sua volta drastica.



Colpa, espiazione, dolore. Ancora più che nel precedente Pietà (2012, Leone d'Oro a Venezia 69), il regista Kim Ki-duk radicalizza il proprio sguardo crudo, crudele e disilluso sulla società coreana contemporanea. Totalmente privo di dialoghi, Moebius è una perversa discesa agli inferi che si focalizza sui “rumori”, sui suoni e sui gemiti, attraverso un montaggio dinamico e un utilizzo frequente di primissimi piani. I personaggi sono pedine inconsapevoli, marionette che sembrano non conoscere alcun linguaggio se non quello della violenza. Sullo schermo si alternano incesti, stupri, evirazioni, in una escalation fredda e asettica, che impedisce qualunque coinvolgimento emotivo. Le idee di Kim, dopo la crisi artistica del 2008 e il ritorno “catartico” con Arirang (2011), sembrano essere chiarissime, fin troppo: la vita è attraversata dal sesso, dalla sofferenza e dalla morte. Non esiste rimedio alla ciclicità inesorabile del destino, così come da spettatori rimane insolvibile il dubbio sull'inventiva – genuina o programmatica? – dell'artista dietro la macchina da presa. Alcuni eccessi di troppo e un paio di momenti di stanca, ma cinematograficamente è un prodotto coraggioso e tutt'altro che banale. Presentato fuori concorso alla 70ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2013), e censurato all'uscita in sala coreana per l'antisocialità e la mancanza di etica dei contenuti. Il titolo fa riferimento al nastro di Möbius, in correlazione all'infinita coazione a ripetere di cui è vittima il nucleo familiare protagonista.
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