Dream
Bi-mong
Durata
95
Formato
Regista
Durante una notte tormentata, Jin (Joe Odagiri) sogna di essere la causa di un tremendo incidente stradale. Al risveglio scopre che tutto ciò che ha immaginato non è realmente accaduto... o forse si sbaglia? Un incidente identico a quello del suo incubo, infatti, porta un'altra ragazza, Ran (Lee Na-yeong), al centro delle indagini della polizia, nonostante la stessa giovane neghi il suo coinvolgimento perché stava dormendo.
Replicando un pattern visivo ed emotivo già ampiamente mandato a memoria, il “sogno” scritto e prodotto da Kim si ancora al filo del paradosso e mostra la corda di un innegabile talento che si è fatto maniera, di una riflessione surreale costruita più sul “mestiere” che sulla fedeltà e sulla coerenza drammaturgica. La poetica ispirata e originale che ha dato fama e notorietà in Occidente a Kim Ki-duk (già Orso d'argento a Berlino nel 2004 con La samaritana e Leone d'argento a Venezia sempre nello stesso anno con Ferro 3 – La casa vuota) scolora qui in uno “sfogo” privato e ossessivo che non mantiene le promesse iniziali, giocando con le attese dello spettatore fino al frastornante finale. Splendidi, in ogni caso, i minuti conclusivi, ma non bastano ad alzare il livello complessivo di un'opera troppo altalenante. Dream, presentato fuori concorso al 26° Torino Film Festival (2008), vale più come “testimonianza culturale” che come film a sé, per le conseguenze cui ha portato: la protagonista Lee Na-yeong ha rischiato la vita sul set, nella sequenza del tentato suicidio. Un trauma da cui Kim Ki-duk si riprenderà solo tre anni più tardi, con la realizzazione del documentario biografico – quasi una seduta di auto-analisi filmica – Arirang (2011).
Replicando un pattern visivo ed emotivo già ampiamente mandato a memoria, il “sogno” scritto e prodotto da Kim si ancora al filo del paradosso e mostra la corda di un innegabile talento che si è fatto maniera, di una riflessione surreale costruita più sul “mestiere” che sulla fedeltà e sulla coerenza drammaturgica. La poetica ispirata e originale che ha dato fama e notorietà in Occidente a Kim Ki-duk (già Orso d'argento a Berlino nel 2004 con La samaritana e Leone d'argento a Venezia sempre nello stesso anno con Ferro 3 – La casa vuota) scolora qui in uno “sfogo” privato e ossessivo che non mantiene le promesse iniziali, giocando con le attese dello spettatore fino al frastornante finale. Splendidi, in ogni caso, i minuti conclusivi, ma non bastano ad alzare il livello complessivo di un'opera troppo altalenante. Dream, presentato fuori concorso al 26° Torino Film Festival (2008), vale più come “testimonianza culturale” che come film a sé, per le conseguenze cui ha portato: la protagonista Lee Na-yeong ha rischiato la vita sul set, nella sequenza del tentato suicidio. Un trauma da cui Kim Ki-duk si riprenderà solo tre anni più tardi, con la realizzazione del documentario biografico – quasi una seduta di auto-analisi filmica – Arirang (2011).