Ferro 3 – La casa vuota
Bin-jip
Premi Principali
Leone d’argento per la miglior regia alla Mostra del Cinema di Venezia 2004
Durata
88
Formato
Regista
Tae-suk (Hee Ja) è un giovane dalla faccia pulita che in apparenza svolge una semplice attività di volantinaggio. In realtà ama frequentare le “case vuote”, ovvero le abitazioni momentaneamente libere, prendendone possesso come se ne fosse il proprietario. Un giorno la sua bizzarra passione viene notata da Sun-hwa (Seung-yeon Lee), donna impaurita che osserva il ragazzo mentre si aggira indisturbato in casa sua...
Ferro 3 rappresenta il risultato più compiuto di un'intera poetica, forse paragonabile solo al precedente Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003): in poco meno di 90 minuti il regista coreano Kim Ki-duk condensa tutte le caratteristiche e i connotati che ne hanno fatto la fortuna in Occidente (e che ne hanno sancito definitivamente il pressoché totale disinteresse in patria), a partire dalla ardita e insondabile commistione fra realtà e fantasia, che percorre l'intera messinscena “in punta di cinepresa” senza costringerci a interpretazioni e morali univoche, con una commistione di toni e livelli sorprendente, vibrante, eccezionale. Il cinema di Kim è fatto per alimentare dubbi, non per fornire risposte: il percorso dei due protagonisti potrebbe sembrare ingenuo e irritante ma è invece sospeso e intrigante come poche altre cose del cinema contemporaneo, il registro filmico utilizzato, invece, sfiora la trascendenza e con la medesima naturalezza affonda le mani nella violenza. Da punti di vista cui non siamo abituati si parla (si fa per dire, il film è quasi completamente muto) di amore ed emarginazione, di umanità e di solitudine condivisa, vista come condizione che scolora nel metafisico e nell'intangibile. Presentato alla Mostra di Venezia del 2004 come “film sorpresa” e vincitore del Leone d'argento per la Miglior Regia. Il titolo originale Bin-jip significa letteralmente “casa vuota”, ma è stato lo stesso autore a volere nella traduzione per il mercato internazionale la dicitura Ferro 3, in riferimento alla mazza da golf usata dal protagonista.
Ferro 3 rappresenta il risultato più compiuto di un'intera poetica, forse paragonabile solo al precedente Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003): in poco meno di 90 minuti il regista coreano Kim Ki-duk condensa tutte le caratteristiche e i connotati che ne hanno fatto la fortuna in Occidente (e che ne hanno sancito definitivamente il pressoché totale disinteresse in patria), a partire dalla ardita e insondabile commistione fra realtà e fantasia, che percorre l'intera messinscena “in punta di cinepresa” senza costringerci a interpretazioni e morali univoche, con una commistione di toni e livelli sorprendente, vibrante, eccezionale. Il cinema di Kim è fatto per alimentare dubbi, non per fornire risposte: il percorso dei due protagonisti potrebbe sembrare ingenuo e irritante ma è invece sospeso e intrigante come poche altre cose del cinema contemporaneo, il registro filmico utilizzato, invece, sfiora la trascendenza e con la medesima naturalezza affonda le mani nella violenza. Da punti di vista cui non siamo abituati si parla (si fa per dire, il film è quasi completamente muto) di amore ed emarginazione, di umanità e di solitudine condivisa, vista come condizione che scolora nel metafisico e nell'intangibile. Presentato alla Mostra di Venezia del 2004 come “film sorpresa” e vincitore del Leone d'argento per la Miglior Regia. Il titolo originale Bin-jip significa letteralmente “casa vuota”, ma è stato lo stesso autore a volere nella traduzione per il mercato internazionale la dicitura Ferro 3, in riferimento alla mazza da golf usata dal protagonista.