La moglie del poliziotto
Die Frau des Polizisten
Durata
175
Formato
Regista
Una placida famiglia tedesca sprofonda sempre più in una spirale di violenza e sopraffazione a causa del morboso legame segnato dalla gelosia tra Uwe (David Zimmerschied), la moglie Christine (Alexandra Finder) e la loro figlioletta.
Un uomo, una donna, una bambina. Una lucida e dolorosa ricognizione sulla degenerazione dei rapporti familiari. La camera fissa che indugia su corpi e oggetti, dilatando i tempi a dismisura, permette al regista di esaltare una suggestiva “poetica del silenzio” sostenuta con coraggio senza scendere a compromessi, riducendo al minimo i dialoghi e rinunciando alla colonna sonora. Una scelta stilistica così radicale, unita a una sceneggiatura che rifiuta uno sviluppo lineare della vicenda, costringe lo spettatore a confrontarsi con un'opera volutamente ostica e respingente. La ripetitività dei piccoli gesti quotidiani è messa in immagini con coraggio, frammentando la narrazione in 59 piccoli capitoli (meticolosamente scanditi da un inizio e da una fine) apparentemente slegati tra loro: la calma apparente trasmessa dalle azioni dei personaggi è minata da una sotterranea violenza latente, che solo sporadicamente esplode in litigi e scontri fisici tanto realistici quanto disturbanti. Opprimente ed estenuante nel mettere in scena gli impulsi violenti che si celano dietro alla normalità dei legami familiari, il film paga qualche fastidiosa pretesa autoriale di troppo rimanendo, in ogni caso, un apologo sottilmente disturbante. Premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia.
Un uomo, una donna, una bambina. Una lucida e dolorosa ricognizione sulla degenerazione dei rapporti familiari. La camera fissa che indugia su corpi e oggetti, dilatando i tempi a dismisura, permette al regista di esaltare una suggestiva “poetica del silenzio” sostenuta con coraggio senza scendere a compromessi, riducendo al minimo i dialoghi e rinunciando alla colonna sonora. Una scelta stilistica così radicale, unita a una sceneggiatura che rifiuta uno sviluppo lineare della vicenda, costringe lo spettatore a confrontarsi con un'opera volutamente ostica e respingente. La ripetitività dei piccoli gesti quotidiani è messa in immagini con coraggio, frammentando la narrazione in 59 piccoli capitoli (meticolosamente scanditi da un inizio e da una fine) apparentemente slegati tra loro: la calma apparente trasmessa dalle azioni dei personaggi è minata da una sotterranea violenza latente, che solo sporadicamente esplode in litigi e scontri fisici tanto realistici quanto disturbanti. Opprimente ed estenuante nel mettere in scena gli impulsi violenti che si celano dietro alla normalità dei legami familiari, il film paga qualche fastidiosa pretesa autoriale di troppo rimanendo, in ogni caso, un apologo sottilmente disturbante. Premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia.