My Little Sister
Schwesterlein
Durata
99
Formato
Regista
Dopo aver abbandonato il sogno di diventare una drammaturga, Lisa (Nina Hoss) si è trasferita da Berlino alla Svizzera, dove vive con il marito e i loro due figli. Quando la grave malattia di suo fratello gemello (Lars Eidinger) peggiora, la donna farà ritorno nella capitale tedesca per prendersi cura di lui.
Da una parte una metropoli concitata e viva come Berlino, dall'altra la naturalistica desolazione delle montagne svizzere. Da un lato il fratello gravemente malato, dall'altro la famiglia sull'orlo di una crisi. My Little Sister è un film costantemente in bilico tra due universi in rotta di collisione. Stéphanie Chuat e Véronique Reymond utilizzano lo spunto narrativo della malattia terminale solo per poter provocare i loro personaggi mettendoli davanti a scelte difficili che riguardano il legame sanguigno, la carriera professionale e l'ambizione di ritagliarsi un posto nel panorama culturale. Tra teatro e vissuto, amicizie sincere e presunte, città e montagna, vita e morte, il film procede senza mai lasciare il segno o proporre qualcosa di nuovo. Si fatica ad accettare il fatto di trovarsi di fronte a un'operazione completamente piatta e monocorde che prova a scuotere qualche emozione rifugiandosi nella retorica e nel simbolismo, alzando i toni delle discussioni e facendo leva sul patetismo che ne può facilmente derivare. Decisamente evitabile, il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2020.
Da una parte una metropoli concitata e viva come Berlino, dall'altra la naturalistica desolazione delle montagne svizzere. Da un lato il fratello gravemente malato, dall'altro la famiglia sull'orlo di una crisi. My Little Sister è un film costantemente in bilico tra due universi in rotta di collisione. Stéphanie Chuat e Véronique Reymond utilizzano lo spunto narrativo della malattia terminale solo per poter provocare i loro personaggi mettendoli davanti a scelte difficili che riguardano il legame sanguigno, la carriera professionale e l'ambizione di ritagliarsi un posto nel panorama culturale. Tra teatro e vissuto, amicizie sincere e presunte, città e montagna, vita e morte, il film procede senza mai lasciare il segno o proporre qualcosa di nuovo. Si fatica ad accettare il fatto di trovarsi di fronte a un'operazione completamente piatta e monocorde che prova a scuotere qualche emozione rifugiandosi nella retorica e nel simbolismo, alzando i toni delle discussioni e facendo leva sul patetismo che ne può facilmente derivare. Decisamente evitabile, il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2020.