Quando una donna sale le scale
Onna Ga Kaidan Wo Agaru Toki
Durata
111
Formato
Regista
Keiko, detta Mama (Hideko Takamine), gestisce un bar nel lussuoso quartiere di Ginza. I clienti sono ricchi ed esigenti e per mantenere uno stile di vita adeguato Keiko e le sue ragazze devono vivere al di sopra delle loro possibilità.
Gli anni Sessanta per Mikio Naruse si aprono con uno dei film più intensi della sua bella carriera: Quando una donna sale le scale è un melodramma di interni, dove il movimento ascendente della salita delle scale non porta a qualcosa di buono o luminoso, ma nel personale inferno della protagonista, verso un lavoro che odia e dove è impossibile creare vere connessioni umane. La stragrande maggioranza dei dialoghi, infatti, vertono sul denaro. Quando a esprimersi sono i sentimenti, c’è sempre un secondo fine, una manciata di bugie, una punta di violenza. Se, rispetto ad altri film del regista, per una volta il finale non è tragico, a mancare non è solo la morte e il sangue: manca un evento (per quanto traumatico, certo) che riesca a scuotere i protagonisti per spingerli, forse, a dare una svolta alla loro vita. Qui, invece, tutto resta com’è, tra formalità vuote e decadenti e sorrisi falsi, e Keiko continua a barcamenarsi in un ambiente che odia e che non le premette di esprimere sé stessa. Naruse riprende tanti dei suoi attori feticcio, da Masayuki Mori, al caratterista Daisuke KatĹ, passando per la sempre ottima Hideko Takamine (che del film cura anche i bei costumi): l’alchimia tra il cast è infatti perfetta ed è impossibile non empatizzare non solo con la protagonista, ma con tutti questi personaggi che si muovono in un mondo fatto di apparenze e nessuna sostanza. Anche chi pare uscirne vincente, in fin dei conti, ha semplicemente capito come sfruttare per i suoi scopi qualcosa più grande di lui e che non può modificare, e si adegua alle norme anche a costo di sacrificare l’amore. Straordinario nella sua crudeltà lieve, che però colpisce e ferisce in profondità.
Gli anni Sessanta per Mikio Naruse si aprono con uno dei film più intensi della sua bella carriera: Quando una donna sale le scale è un melodramma di interni, dove il movimento ascendente della salita delle scale non porta a qualcosa di buono o luminoso, ma nel personale inferno della protagonista, verso un lavoro che odia e dove è impossibile creare vere connessioni umane. La stragrande maggioranza dei dialoghi, infatti, vertono sul denaro. Quando a esprimersi sono i sentimenti, c’è sempre un secondo fine, una manciata di bugie, una punta di violenza. Se, rispetto ad altri film del regista, per una volta il finale non è tragico, a mancare non è solo la morte e il sangue: manca un evento (per quanto traumatico, certo) che riesca a scuotere i protagonisti per spingerli, forse, a dare una svolta alla loro vita. Qui, invece, tutto resta com’è, tra formalità vuote e decadenti e sorrisi falsi, e Keiko continua a barcamenarsi in un ambiente che odia e che non le premette di esprimere sé stessa. Naruse riprende tanti dei suoi attori feticcio, da Masayuki Mori, al caratterista Daisuke KatĹ, passando per la sempre ottima Hideko Takamine (che del film cura anche i bei costumi): l’alchimia tra il cast è infatti perfetta ed è impossibile non empatizzare non solo con la protagonista, ma con tutti questi personaggi che si muovono in un mondo fatto di apparenze e nessuna sostanza. Anche chi pare uscirne vincente, in fin dei conti, ha semplicemente capito come sfruttare per i suoi scopi qualcosa più grande di lui e che non può modificare, e si adegua alle norme anche a costo di sacrificare l’amore. Straordinario nella sua crudeltà lieve, che però colpisce e ferisce in profondità.