
Napoli velata
Durata
113
Formato
Regista
Una sera a una festa Adriana (Giovanna Mezzogiorno) incrocia lo sguardo di Andrea (Alessandro Borghi), che la trascina in una rovente notte di passione. I due si danno appuntamento anche il giorno dopo, ma qualcosa non va come previsto e per Adriana sarà l’inizio di una spirale travolgente che cambierà tutta la sua vita.
Dopo il mogio ritorno in patria dal sapore autobiografico di Rosso Istanbul (2017), il regista italo-turco Ferzan Ozpetek torna a esplorare i temi a lui cari della sensualità e del mistero femminile e lo fa a partire dalla cornice della città di Napoli, un fondale che il regista prova a caricare di senso attraverso interni fortemente caratterizzati e sinuose incursioni tra musei, dettagli sfarzosi ed elementi architettonici. Lo scenario partenopeo è senz’altro fascinoso e interessante nelle premesse, ma è il film a non stare in piedi e a presentarsi fin da subito come uno sterile guilty pleasure all’insegna dell’erotismo. Ozpetek si cimenta con la suggestione del motivo della scala, motivo estetico e formale ricorrente in Hitchcock come nei suoi emuli, con il De Palma di Passion (2012) e con il giallo all’italiana, ma frulla in un unico calderone troppi stimoli diversi e il risultato è un’indigestione mal calibrata di elementi thriller e mystery amalgamati alla meno peggio. Il regista a tratti sembra giocare anche con l’esoterismo di Napoli, con la numerologia e la superstizione, ma questo approccio rabdomantico si rivela ancor più farraginoso e controproducente e annega letteralmente in una seconda parte che non sta in piedi in quanto a equilibrio, scrittura e verosimiglianza, smarrendosi malamente nelle derive della peggior telenovela. Il velo del titolo ricorre in alcune scelte visive di Ozpetek che sono anche la cosa migliore del film, mentre è meglio stendere il più classico e magnanimo dei veli sull’affastellarsi di colpi di scena. Scena di sesso bollente in apertura tra Alessandro Borghi e Giovanna Mezzogiorno, funzionale alla storia e girata con una spudoratezza degna di una sequenza del cinema di Abdellatif Kechiche: va riconosciuto che si tratta di un vero e proprio unicum, per coraggio e per sguardo, nel cinema italiano contemporaneo. Ricco cast di comprimari e musiche di Pasquale Catalano, con Arisa che interpreta il brano Vasame.
Dopo il mogio ritorno in patria dal sapore autobiografico di Rosso Istanbul (2017), il regista italo-turco Ferzan Ozpetek torna a esplorare i temi a lui cari della sensualità e del mistero femminile e lo fa a partire dalla cornice della città di Napoli, un fondale che il regista prova a caricare di senso attraverso interni fortemente caratterizzati e sinuose incursioni tra musei, dettagli sfarzosi ed elementi architettonici. Lo scenario partenopeo è senz’altro fascinoso e interessante nelle premesse, ma è il film a non stare in piedi e a presentarsi fin da subito come uno sterile guilty pleasure all’insegna dell’erotismo. Ozpetek si cimenta con la suggestione del motivo della scala, motivo estetico e formale ricorrente in Hitchcock come nei suoi emuli, con il De Palma di Passion (2012) e con il giallo all’italiana, ma frulla in un unico calderone troppi stimoli diversi e il risultato è un’indigestione mal calibrata di elementi thriller e mystery amalgamati alla meno peggio. Il regista a tratti sembra giocare anche con l’esoterismo di Napoli, con la numerologia e la superstizione, ma questo approccio rabdomantico si rivela ancor più farraginoso e controproducente e annega letteralmente in una seconda parte che non sta in piedi in quanto a equilibrio, scrittura e verosimiglianza, smarrendosi malamente nelle derive della peggior telenovela. Il velo del titolo ricorre in alcune scelte visive di Ozpetek che sono anche la cosa migliore del film, mentre è meglio stendere il più classico e magnanimo dei veli sull’affastellarsi di colpi di scena. Scena di sesso bollente in apertura tra Alessandro Borghi e Giovanna Mezzogiorno, funzionale alla storia e girata con una spudoratezza degna di una sequenza del cinema di Abdellatif Kechiche: va riconosciuto che si tratta di un vero e proprio unicum, per coraggio e per sguardo, nel cinema italiano contemporaneo. Ricco cast di comprimari e musiche di Pasquale Catalano, con Arisa che interpreta il brano Vasame.