Ovosodo
Durata
100
Formato
Regista
Livorno, quartiere "Ovosodo", dove nasce e cresce Piero Mansani (Edoardo Gabbriellini) a cavallo degli anni '80 e '90. Dopo la morte della madre (Barbara Scoppa), il padre (Pietro Fornaciari) fa andirivieni dalla galera, mentre Piero resta con il simpatico fratello diversamente abile Ivanone (Alessio Fantozzi) e la compagna del padre (Monica Brachini). Passato un periodo di solitudine e timidezza "da pubertà", Piero conoscerà l'amicizia, il tormento amoroso, l'obbligata quanto difficile necessità di crescere.
Dopo due pellicole su coppie e famiglie, La bella vita (1994) e Ferie d'agosto (1996), Paolo Virzì passa all'incontro di due generi/filoni, la commedia all'italiana e il romanzo di formazione, che utilizzerà spesso nel corso della sua carriera successiva. La storia di Ovosodo, scritta dallo stesso Virzì con Francesco Bruni e Furio Scarpelli, procede per momenti più che per eventi, indagando le fasi della crescita di ogni adolescente: la scuola, la maturità, la leva, la ricerca del lavoro. Raccontando l'esistenza ordinaria del suo personaggio, il regista livornese (s)cade a tratti in un eccessivo schematismo che limita, almeno in parte, la portata del suo lavoro. Leggero nei contenuti, ma godibile e privo di eccessive pretese, Ovosodo punta anche sul racconto di una serie di interessanti microstorie e atteggiamenti locali che fanno capo a Livorno: le panoramiche della città aprono e chiudono il film come due parentesi che contengono una fiaba realista, sociale e divertente. Nonostante un pizzico di buonismo di troppo, si ride, ci si commuove, si fanno i conti con «l'ovosodo che non va su e non va giù», quel momento di ''intoppo'' normale ma molto difficile, un ostacolo tra il crescere e il momento di essere adulti. Gran Premio della Giuria alla Mostra di Venezia del 1997.
Dopo due pellicole su coppie e famiglie, La bella vita (1994) e Ferie d'agosto (1996), Paolo Virzì passa all'incontro di due generi/filoni, la commedia all'italiana e il romanzo di formazione, che utilizzerà spesso nel corso della sua carriera successiva. La storia di Ovosodo, scritta dallo stesso Virzì con Francesco Bruni e Furio Scarpelli, procede per momenti più che per eventi, indagando le fasi della crescita di ogni adolescente: la scuola, la maturità, la leva, la ricerca del lavoro. Raccontando l'esistenza ordinaria del suo personaggio, il regista livornese (s)cade a tratti in un eccessivo schematismo che limita, almeno in parte, la portata del suo lavoro. Leggero nei contenuti, ma godibile e privo di eccessive pretese, Ovosodo punta anche sul racconto di una serie di interessanti microstorie e atteggiamenti locali che fanno capo a Livorno: le panoramiche della città aprono e chiudono il film come due parentesi che contengono una fiaba realista, sociale e divertente. Nonostante un pizzico di buonismo di troppo, si ride, ci si commuove, si fanno i conti con «l'ovosodo che non va su e non va giù», quel momento di ''intoppo'' normale ma molto difficile, un ostacolo tra il crescere e il momento di essere adulti. Gran Premio della Giuria alla Mostra di Venezia del 1997.