A quasi trent'anni dalla prima, indimenticabile, estate trascorsa insieme in quel di Ventotene, i Molino e i Mazzalupi tornano sul "luogo del delitto" ignari delle tragicomiche avventure che li attendono. 

A quasi trent'anni di distanza da Ferie d'agosto (1996), Paolo Virzì torna a Ventotene per firmare il sequel del film che lo ha reso celebre al grande pubblico e che ha dato il via al successo del suo percorso cinematografico. L'idea alla base di Un altro ferragosto non è affatto male: provare a ripercorrere le tappe più salienti di una filmografia in costante equilibrio tra dramma e commedia, in grado di regalare momenti e personaggi indimenticabili, toccando corde emotive sincere e appassionanti. In effetti, il progetto sembra essere una sorta di summa della poetica del regista toscano, che ritrova in scena il cast del film originale per affiancarlo a nuovi innesti pescati dalle generazioni più contemporanee. Il tempo è il vero protagonista di Un altro ferragosto. Così, invece di due gruppi di amici di provenienza sociale opposta, ora lo scontro si fa del tutto generazionale tra la memoria storica minacciata dai social media e una politica sempre più priva di valori se non l'affermazione individuale ed economica. Tuttavia l'esito risulta piuttosto zoppicante: troppi personaggi, troppe sottotrame e troppe intuizioni tematiche finiscono per rendere il film ingombrante e appesantiscono non poco l'andamento pachidermico del racconto. Il tutto risulta quindi superficiale e solamente abbozzato (in primis la feroce critica alla classe dirigente), per non parlare di alcune caricature che non riesco ad andare oltre allo stereotipo. Anche il lavoro sullo stile e sulla forma cinematografica (talvolta virata in bianco e nero, in altri casi veicolata attraverso i fotogrammi di Ferie d'agosto) lasciano un po' il tempo che trovano finendo per risultare più uno sterile esercizio di stile che una riflessione formale degna di nota. Certo, lo spirito verace e le risate tipiche del cinema di Virzì non mancano, ma ci si dovrebbe aspettare di più, soprattutto da un copione scritto dal regista insieme al fratello Carlo e a Francesco Bruni.
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