Jake (Russell Crowe), romanziere di successo e vincitore del premio Pulitzer, è rimasto vedovo e si trova da solo a crescere la figlia piccola Katie (Kylie Rogers). Un grave disturbo mentale, però, lo costringerà ad allontanarsi anche da lei. Diventata adulta, Katie (Amanda Seyfried), ancora traumatizzata da ciò che le è successo durante l'infanzia, faticherà a stringere delle relazioni degne di tale nome.

Scritto dall'esordiente Brad Desch, il quarto lungometraggio americano di Gabriele Muccino è un nuovo tentativo del regista romano di sviscerare complesse dinamiche familiari, rapporti genitori-figli, traumi del passato e tormenti interiori. Ingredienti già trattati nei suoi lavori precedenti e ormai piuttosto usurati: per questo, principalmente, Padri e figlie non riesce mai ad appassionare e il suo copione è eccessivamente meccanico e studiato a tavolino per commuovere a tutti i costi. È un film personale, ma scontato e prolisso, forzato narrativamente e recitato maluccio. E, come se non bastasse, la retorica fa spesso capolino qua e là. Evitabile.
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