Pentimento
Pokajanie
Durata
153
Formato
Regista
Una donna (Zeinab Botsvadze) viene accusata di aver disseppellito il cadavere del vecchio sindaco Varlam (Avtandil Makharadze). Lei si difende denunciando il regime di terrore che Varlam aveva instaurato, e di cui in città non si parla più.
Una pungente satira politica contro ogni tipo di assolutismo. Varlam è una chimera cui abbigliamento e tratti fisici ricordano i maggiori dittatori del secolo scorso: i baffi à la Hitler, la pettinatura di Stalin, la camicia nera mussoliniana e il pince-nez di Beria, ministro degli affari interni sotto Stalin, di origine georgiana come il regista. Il personaggio ha quindi un apparenza grottesca, quasi buffa, sotto alla quale però si cela un uomo crudele e senza scrupoli, disposto a tutto per il proprio tornaconto politico. La scelta di raccontare episodi del suo regime attraverso flashback durante il processo è efficacissima, in quanto sottolinea l’importanza della memoria storica e sociale: si biasima pesantemente chi cerca di nascondere crimini e malefatte, volendo esaltare anche il più ignobile degli uomini. Amaro finale, dove le autorità dedicano al despota addirittura una strada: c’è ancora molto da fare, vuole dirci Abuladze, per avere il coraggio di giudicare criticamente la propria dolorosa Storia. Il film rimase per alcuni anni senza distribuzione. Solo il nuovo clima politico dovuto a GorbaÄëv permisero che il film venisse proiettato in Unione Sovietica e nei maggiori festival cinematografici, dove ebbe indiscusso e meritato successo: Gran Premio della Giuria, Premio della Giuria Ecumencia e Premio FIPRESCI a Cannes. Un’opera potente cui messaggio, tristemente, resta attuale.
Una pungente satira politica contro ogni tipo di assolutismo. Varlam è una chimera cui abbigliamento e tratti fisici ricordano i maggiori dittatori del secolo scorso: i baffi à la Hitler, la pettinatura di Stalin, la camicia nera mussoliniana e il pince-nez di Beria, ministro degli affari interni sotto Stalin, di origine georgiana come il regista. Il personaggio ha quindi un apparenza grottesca, quasi buffa, sotto alla quale però si cela un uomo crudele e senza scrupoli, disposto a tutto per il proprio tornaconto politico. La scelta di raccontare episodi del suo regime attraverso flashback durante il processo è efficacissima, in quanto sottolinea l’importanza della memoria storica e sociale: si biasima pesantemente chi cerca di nascondere crimini e malefatte, volendo esaltare anche il più ignobile degli uomini. Amaro finale, dove le autorità dedicano al despota addirittura una strada: c’è ancora molto da fare, vuole dirci Abuladze, per avere il coraggio di giudicare criticamente la propria dolorosa Storia. Il film rimase per alcuni anni senza distribuzione. Solo il nuovo clima politico dovuto a GorbaÄëv permisero che il film venisse proiettato in Unione Sovietica e nei maggiori festival cinematografici, dove ebbe indiscusso e meritato successo: Gran Premio della Giuria, Premio della Giuria Ecumencia e Premio FIPRESCI a Cannes. Un’opera potente cui messaggio, tristemente, resta attuale.