Pierre (Guillaume Depardieu) sta per accasarsi con la dolce Lucie (Delphine Chuillot), ma intrattiene contemporaneamente un rapporto molto stretto con la madre (Catherine Deneuve) che si aggira dalle parti dell'incesto. Farà irruzione nella sua vita una ragazza che dice di essere la sua sorellastra cresciuta nei Balcani.

Il punto più basso della filmografia di Léos Carax, ben otto anni dopo l'ecatombe commmerciale de Gli amanti del Pont-Neuf (1991), è un pasticciato coacervo di impulsi senza né capo né coda, a testimonianza di una disarmante involuzione cui è rimasta solo la coerenza del proprio disfacimento. Il talento infuocato del regista francese, protetto dei Cahiers du Cinéma e della critica d'Oltrealpe, è diventato autismo senza peso, compiacimento delirante, imbratto d'autore che si concede tutto e il suo contrario ma senza mai smuovere o provocare alcunché, né nel bene né nel male. Un ipertesto di vana e pretestuosa confusione, indecifrabile più per esplicita volontà che per necessità.


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