La prima linea
Durata
100
Formato
Regista
La storia di Sergio Segio (Riccardo Scamarcio), fondatore dell'organizzazione terroristica di lotta armata di estrema sinistra denominata Prima Linea: il suo amore per Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno), i giorni successivi all'arresto nell'82 per aver fatto evadere la sua compagna dal carcere femminile di Rovigo, gli attentati politici.
Tratto da Miccia Corta, autobiografia dello stesso Sergio Segio, Prima Linea si va ad aggiungere alla filmografia sugli anni di piombo, un periodo che dal nostro cinema è stato tutt'altro che storicizzato e affrontato in maniera copiosa. Il lavoro di Renato De Maria non ha scarti particolarmente originali e la pellicola, scritta dalla penna fin troppo esperta di Sandro Petraglia con Ivan Cotroneo e Fidel Signorile, non riesce ad affermare la sua forza, rintanandosi nel calligrafismo e nella ricostruzione schematica e privandosi della complessità e della necessaria compresenza di luci e ombre che una fetta così importante della nostra storia recente meriterebbe. La messa in scena ha dalla sua alcuni elementi interessanti (colori freddi, interni e scenografie claustrofobiche), che però vengono minati da alcune soluzioni rivedibili: i monologhi in camera di Scamarcio, che sanno di teatrale, e una scena d'azione che rompe in maniera incompleta il senso di chiusura dominante. Poco approfondito, anche se non pedestre, il nerbo del film sembra volersi riversare interamente nella storia d'amore privata tra Segio e la Ronconi, tra sentimento e ideologia. Da segnalare, tra i produttori, i fratelli Dardenne, pluripremiati autori europei del cinema sociale e impegnato.
Tratto da Miccia Corta, autobiografia dello stesso Sergio Segio, Prima Linea si va ad aggiungere alla filmografia sugli anni di piombo, un periodo che dal nostro cinema è stato tutt'altro che storicizzato e affrontato in maniera copiosa. Il lavoro di Renato De Maria non ha scarti particolarmente originali e la pellicola, scritta dalla penna fin troppo esperta di Sandro Petraglia con Ivan Cotroneo e Fidel Signorile, non riesce ad affermare la sua forza, rintanandosi nel calligrafismo e nella ricostruzione schematica e privandosi della complessità e della necessaria compresenza di luci e ombre che una fetta così importante della nostra storia recente meriterebbe. La messa in scena ha dalla sua alcuni elementi interessanti (colori freddi, interni e scenografie claustrofobiche), che però vengono minati da alcune soluzioni rivedibili: i monologhi in camera di Scamarcio, che sanno di teatrale, e una scena d'azione che rompe in maniera incompleta il senso di chiusura dominante. Poco approfondito, anche se non pedestre, il nerbo del film sembra volersi riversare interamente nella storia d'amore privata tra Segio e la Ronconi, tra sentimento e ideologia. Da segnalare, tra i produttori, i fratelli Dardenne, pluripremiati autori europei del cinema sociale e impegnato.