Il ritorno
VozvraÅ¡Äenje
Durata
105
Formato
Regista
Due giovani fratelli, Ivan (Ivan Dobronravov) e Andrej (Vladimir Garin), sono molto legati e sono cresciuti praticamente senza conoscere il loro padre (Konstantin Lavronenko). L'improvviso ritorno del genitore dopo dodici anni di assenza, scuote le esistenze dei due ragazzini. Con il riluttante assenso della madre (Natalija Vdovina), i due giovani partono per una vacanza di pesca con il padre misterioso che sconvolgerà la loro esistenza.
Film d'esordio per il cineasta russo Andrey Zvyagintsev: opera ambiziosa intrisa di simbolismo, in cui l'azione e i dialoghi sono ridotti ai minimi termini e a parlare sono prevalentemente le immagini. Un viaggio metaforico nei meandri dell'animo umano, nella solitudine e nella profonda inquietudine di due ragazzi abbandonati a loro stessi e di un genitore inadatto al ruolo, scostante e scontroso, egoista e prepotente. Tre personaggi difficili, contraddittori e irrequieti ma accomunati da un bisogno d'amore, che manifestano dando sfogo alla propria aggressività repressa e alle proprie frustrazioni. Emerge così il ritratto di un'umanità ferita e feroce, spaventata e confusa, destinata a vagare smarrita tra gli spazi spogli di un universo lugubre (i cui tratti decadenti sono sottolineati dall'aridità dell'ambiente e dall'uso di una fotografia dai toni foschi e plumbei) che amplificano il senso di vuoto e disagio interiore dei protagonisti, osservati con indifferenza da una natura fredda e spietata. Suggestivo e ostico, metafisico e struggente, un film di grande impatto espressivo ed emozionale che, malgrado qualche manierismo, lascia il segno. Leone d'oro alla Mostra di Venezia nel 2003. Poco prima del debutto della pellicola nelle sale, l'attore sedicenne Vladimir Garin è morto accidentalmente affogando proprio in un lago che era stato utilizzato per le riprese del film nei pressi del villaggio di Sosnovo.
Film d'esordio per il cineasta russo Andrey Zvyagintsev: opera ambiziosa intrisa di simbolismo, in cui l'azione e i dialoghi sono ridotti ai minimi termini e a parlare sono prevalentemente le immagini. Un viaggio metaforico nei meandri dell'animo umano, nella solitudine e nella profonda inquietudine di due ragazzi abbandonati a loro stessi e di un genitore inadatto al ruolo, scostante e scontroso, egoista e prepotente. Tre personaggi difficili, contraddittori e irrequieti ma accomunati da un bisogno d'amore, che manifestano dando sfogo alla propria aggressività repressa e alle proprie frustrazioni. Emerge così il ritratto di un'umanità ferita e feroce, spaventata e confusa, destinata a vagare smarrita tra gli spazi spogli di un universo lugubre (i cui tratti decadenti sono sottolineati dall'aridità dell'ambiente e dall'uso di una fotografia dai toni foschi e plumbei) che amplificano il senso di vuoto e disagio interiore dei protagonisti, osservati con indifferenza da una natura fredda e spietata. Suggestivo e ostico, metafisico e struggente, un film di grande impatto espressivo ed emozionale che, malgrado qualche manierismo, lascia il segno. Leone d'oro alla Mostra di Venezia nel 2003. Poco prima del debutto della pellicola nelle sale, l'attore sedicenne Vladimir Garin è morto accidentalmente affogando proprio in un lago che era stato utilizzato per le riprese del film nei pressi del villaggio di Sosnovo.