Il sarto di Ulm
Der Schneider von Ulm
Durata
120
Formato
Regista
La vita di Albrecht Ludwig Berblinger (Tilo Prückner), eclettico sarto del XVIII secolo, che scelse di lasciare Vienna per inseguire, nella sua città Natale, il sogno di volare con un mezzo meccanico da lui progettato e costruito. Ci riuscì, ma il giorno della dimostrazione ufficiale davanti al Duca e alla popolazione fallì l'impresa.
Fedele alla linea intrapresa con i due lungometraggi precedenti, Ora zero (1977) e Il viaggio a Vienna (1973), Reitz torna a indagare con il suo sguardo asciutto e apparentemente distaccato gli angoli della Storia della Germania, tenendo sullo sfondo i grandi capovolgimenti sociali e politici, e riuscendo così a esaltarne cause e conseguenze. Il sarto di Ulm è un film sulla vita di un uomo geniale, ma avanti sui tempi, che si trasforma dunque, per riflesso, in un film sull'impatto (sulla società della provincia tedesca) dei grandi temi e valori esplosi con la Rivoluzione francese, che saranno poi alla base della successiva cultura europea fino (e oltre) ai totalitarismi della seconda metà del Novecento. La commistione metaforica tra il volo e la libertà, e il parallelismo tra le sfortune dell'incompreso Berblinger e il soffocamento nell'avventura Napoleonica degli afflati progressisti della Rivoluzione francese, conducono la pellicola, dopo una prima parte più confusa e sterile, a una discreta vetta contenutistica (si veda ad esempio la panoramica nello studio del tipografo rivoluzionario, dopo la sua morte, con la lettura del suo testamento utopico-democratico in voce off), che si impone con forza sull'esito complessivo della pellicola. Il sarto di Ulm assume anche gli insoliti e preziosi caratteri di documento storico e scientifico: la macchina per volare che si vede nel film è stata infatti costruita sulla base dei progetti originali di Berblinger, e le riprese aeree della macchina in volo sono reali, senza alcun tipo di aiuto esterno o di effetti visivi.
Fedele alla linea intrapresa con i due lungometraggi precedenti, Ora zero (1977) e Il viaggio a Vienna (1973), Reitz torna a indagare con il suo sguardo asciutto e apparentemente distaccato gli angoli della Storia della Germania, tenendo sullo sfondo i grandi capovolgimenti sociali e politici, e riuscendo così a esaltarne cause e conseguenze. Il sarto di Ulm è un film sulla vita di un uomo geniale, ma avanti sui tempi, che si trasforma dunque, per riflesso, in un film sull'impatto (sulla società della provincia tedesca) dei grandi temi e valori esplosi con la Rivoluzione francese, che saranno poi alla base della successiva cultura europea fino (e oltre) ai totalitarismi della seconda metà del Novecento. La commistione metaforica tra il volo e la libertà, e il parallelismo tra le sfortune dell'incompreso Berblinger e il soffocamento nell'avventura Napoleonica degli afflati progressisti della Rivoluzione francese, conducono la pellicola, dopo una prima parte più confusa e sterile, a una discreta vetta contenutistica (si veda ad esempio la panoramica nello studio del tipografo rivoluzionario, dopo la sua morte, con la lettura del suo testamento utopico-democratico in voce off), che si impone con forza sull'esito complessivo della pellicola. Il sarto di Ulm assume anche gli insoliti e preziosi caratteri di documento storico e scientifico: la macchina per volare che si vede nel film è stata infatti costruita sulla base dei progetti originali di Berblinger, e le riprese aeree della macchina in volo sono reali, senza alcun tipo di aiuto esterno o di effetti visivi.