The Legend of Ochi
The Legend of Ochi
Durata
96
Formato
Regista
In un villaggio dell’immaginaria isola di Carpathia gli uomini condividono la foresta con gli Ochi, famigerate creature simili a primati conosciute per la loro aggressività, osteggiate dal bizzarro Maxim (William Dafoe), animato da propositi di vendetta e deciso a fare della figlia Yuri (Helena Zangel) una cacciatrice di Ochi. Ma Yuri, timida e introversa, ripudia il fanatismo del padre e quando si trova faccia a faccia con un cucciolo rimasto ferito decide di aiutarlo a guarire.
The Legend of Ochi è un fantasy dai toni epici immerso in un’atmosfera fiabesca in cui il rapporto uomo-natura emerge in tutta la sua contraddittorietà. Al centro del film, scritto e diretto da Isaiah Saxon, c’è il coming of age di un’adolescente cresciuta nella bolla di fanatismo e squallore del padre, ossessionato dalla caccia agli Ochi e imprigionato in una visione triviale del rapporto con il mondo animale. Gli Ochi, realizzati con tecnologia animatronic, senza uso di computer grafica (simili così all’intramontabile E.T. – L’extraterrestre), sono per Saxon il pretesto narrativo per parlarci di famiglia spezzata e ritrovata e del rapporto tra uomo e natura con un linguaggio ecologista, rovesciando per una volta il paradigma dell’antropomorfizzazione dell’animale, che mantiene la sua dimensione selvaggia senza forzate e facili riconciliazioni con l’umano persecutore. Tutto è comunicazione non verbale e musica in The Legend of Ochi, dai versi straziati e strazianti degli Ochi perseguitati dalla strana banda di cacciatori, al flauto incantato della mamma esiliata e inselvatichita (Emily Watson), nel sottofondo costante e diegetico della colonna sonora composta da David Longstreth. Il viaggio dell’eroe, qui eroina ribelle in fuga dall’ oppressione paterna, ha un sapore nostalgico e lascia un senso di ellissi e incompiutezza nonostante le potenti suggestioni suscitate da scenografia e colonna sonora, portando a un finale davvero troppo approssimativo che svela la debolezza di una sceneggiatura che gioca troppo di maniera rivelando una scarsa inventiva.