Coney Island, anni '50. All'interno della frenetica cornice del parco divertimenti, la malinconica madre di famiglia Ginny (Kate Winslet), ex attrice ora costretta a sbarcare il lunario come cameriera, è sposata con il rozzo giostraio Humpty (James Belushi). Rassegnata a condurre un’esistenza infelice scandita da una grigia routine quotidiana, Ginny vede la propria vita illuminarsi quando s’innamora del bagnino con velleità da scrittore Mickey (Justin Timberlake), il quale però finisce per perdere la testa per la dolce Carolina (Juno Temple), figlia di Humpty...

A un anno di distanza da Café Society (2016), Woody Allen torna dietro la macchina da presa con un esile dramma che trova nella suggestiva ambientazione anni '50 il suo vero punto di forza. Interamente immerso nel coloratissimo microcosmo di una fiabesca Coney Island che racchiude in sé sogni e speranze dei personaggi, La Ruota delle Meraviglie è "il sogno lungo un giorno" di un regista che vorrebbe omaggiare il mélo classico in un racconto di amore e tradimenti attraverso dinamiche narrative purtroppo non sempre originali. Un film che è il trionfo dell'artificio e della finzione metacinematografica, capace di catturare molto più gli occhi del cuore, che gioca in maniera a volte sottile, a volte banale con la natura umana, la rappresentazione della realtà, le ascendenze letterarie e teatrali (Čechov e Tennessee Williams su tutti). Sul filo della nostalgia, Allen rappresenta un passato che dietro l'apparenza zuccherosa nasconde meschinità e persino violenza, realizzando un altro ritratto femminile che, seppur non sia tra i suoi migliori, arricchisce la sua filmografia di un ulteriore tassello. Il giochino dei rapporti intrecciati tra i personaggi, davvero prevedibile, smorza l'entusiasmo per una variazione sul tema del destino tipicamente alleniana che, addentrandosi nel dramma, si dimostra troppo schematica. E, cosa non da poco, il finale non convince. Ottima, in ogni caso, Kate Winslet. Il direttore della fotografia Vittorio Storaro, alla sua seconda collaborazione consecutiva con Allen, sfrutta ancora una volta le potenzialità del digitale attraverso strabilianti virtuosismi nell'uso espressivo del colore, ma la sensazione di saturazione per lo spettatore non tarda ad arrivare. Montaggio di Alisa Lepselter, scenografie di Santo Loquasto, costumi di Suzy Benzinger.
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