New York, 1899. L'inventore Alexander Hartdegen (Guy Pearce) perde la fidanzata (Sienna Guillory) e progetta una macchina del tempo che possa aiutarlo a salvarla. Viaggia avanti e indietro nei secoli, fino ad arrivare all'anno 802,701, in cui l'umanità è ritornata a vivere in stato primitivo.

Film familiare per Simon Wells: il regista e disegnatore britannico si ispira direttamente all'omonimo romanzo di H.G. Wells, di cui è autorevole pronipote. The Time Machine, già godibilmente ridotto per il grande schermo nel 1960 (L'uomo che visse nel futuro, di George Pal e con Rod Taylor), è un rifacimento ordinato, poco coraggioso e noiosamente compilativo. Sembra di assistere a un fumettone in cui ogni elemento risponde a comandi precisi e poco ispirati: fantascienza linda, ma ce n'è forse bisogno? Lo sviluppo del plot, poi, si allontana decisamente dalla matrice letteraria d'origine, e opta per alcune scelte proto-antropologiche che non si sposano con armonia al racconto per immagini. Wells sforna così un'operina trafelata, dal fiato corto e poco credibile, in cui nemmeno Guy Pearce riesce a dimostrare di essere un buon protagonista. Peccato (per lui).
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