Un film fatto per Bene

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100

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Regista

Le riprese del film di Franco Maresco su Carmelo Bene vengono bruscamente interrotte dopo l’ennesimo incidente sul set. A staccare la spina è il produttore Andrea Occhipinti, esasperato dai continui ritardi. Dal canto suo, il regista accusa la produzione di “filmicidio”, facendo perdere le sue tracce. Tocca quindi all'attore e amico Umberto Cantone interrogare tutti coloro che vi avevano partecipato, per ricostruire la vicenda.

Il precedente film di Franco Maresco, Lovano Supreme (2023), era un documentario dedicato a un'icona della musica. Quello ancora prima, La mafia non è più quella di una volta (2019), verteva attorno al venticinquesimo anniversario della strage di Capaci e via D'Amelio. Con Un film fatto per Bene, il regista siciliano torna a riabbracciare il suo stile unico e dissacrante, a più di dieci anni di distanza da quel Belluscone. Una storia siciliana (2014) dove avevamo rivisto appieno il suo sguardo graffiante e provocatorio. Proprio come in quel caso, anche oggi Maresco sembra in pieno controllo di una narrazione tragicomica senza eguali. Un film fatto per Bene è divertentissimo nelle sue trovate metacinematografiche, così come spietato e cinico nella sua velata invettiva contro usi e costumi della società che ci circonda. Mescolando cinema, televisione e teatro, la pellicola è un irresistibile viaggio nella (contro)storia mediale italiana, popolata da figure di dubbia provenienza. Lungo i minuti, il ritmo tende purtroppo un po' a calare (soprattutto per via di una parte centrale meno ficcante e significativa rispetto all'inizio e alla fine), così come si perde un po' di vista il riferimento a Carmelo Bene che via via cede il passo ad altre tematiche. Tuttavia Un film fatto per Bene non solo segna il graditissimo ritorno di un autore più unico che raro nel panorama italiano, ma è capace di lasciare impressi nella memoria dei momenti d'antologia destinati a restare (su tutti, la sequenza con protagonista il critico Francesco Puma), sintomi di una deformità antropologica propria di un'umanità cialtrona e ridicola (ma al tempo stesso anche tenera e innocua) di un mondo sull'orlo del baratro. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

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