Place de la République
Place de la République
Durata
94
Formato
Regista
Nell'autunno del 1972, il regista Louis Malle decide di documentare con una troupe ridottissima la gente in transito a Place de la République, affollato snodo di Parigi reso ancora più caotico dai lavori in corso. A volte con interviste palesi, altre con tecniche da candid camera, interroga i passanti senza utilizzare uno schema stabilito.
Nuova declinazione del tema del documentario per Malle che gira, nella sua città, un'opera che è insieme tardo manifesto e pietra tombale di quella Nouvelle Vague che l'autore toccato (seppur trasversalmente) nella prima parte della sua carriera. L'assoluta libertà di tema delle interviste, la casualità degli incontri, il contrappunto quasi surreale della quotidianità dei lavori stradali mettono in luce con incredibile (poiché non pianificata) coerenza l'alienazione dell'abitante medio della capitale francese. Strettamente sociologico e di attualità, orgoglioso delle proprie lungaggini e nonsense, il film testimonia quella ricerca di un confessore nella telecamera, quel bisogno di mettere in mostra le proprie bizzarrie, quella malinconia nell'allontanarsi dal microfono che sono sia l'avverarsi della profezia di Warhol sul successo, sia i prodromi della (sotto)cultura televisiva. Ovviamente un po' datato e privo oggi dello spessore dell'epoca, resta un'opera fondamentale per capire la sensibilità del regista e il suo contrastato amore per Parigi, la Francia, l'umanità.
Nuova declinazione del tema del documentario per Malle che gira, nella sua città, un'opera che è insieme tardo manifesto e pietra tombale di quella Nouvelle Vague che l'autore toccato (seppur trasversalmente) nella prima parte della sua carriera. L'assoluta libertà di tema delle interviste, la casualità degli incontri, il contrappunto quasi surreale della quotidianità dei lavori stradali mettono in luce con incredibile (poiché non pianificata) coerenza l'alienazione dell'abitante medio della capitale francese. Strettamente sociologico e di attualità, orgoglioso delle proprie lungaggini e nonsense, il film testimonia quella ricerca di un confessore nella telecamera, quel bisogno di mettere in mostra le proprie bizzarrie, quella malinconia nell'allontanarsi dal microfono che sono sia l'avverarsi della profezia di Warhol sul successo, sia i prodromi della (sotto)cultura televisiva. Ovviamente un po' datato e privo oggi dello spessore dell'epoca, resta un'opera fondamentale per capire la sensibilità del regista e il suo contrastato amore per Parigi, la Francia, l'umanità.