Campagna del Siam, 1934. Nualjan (Siraphan Wattanajinda), giovane donna incinta alla ricerca dell’amato Choy (Sombatsara Teerasaroch), arriva in una villa abitata dalla misteriosa e affascinante Madame Ranjuan (Tassawan Seneewongse). Inquietanti presenze e fenomeni soprannaturali aleggiano però nell’abitazione, dove nulla è ciò che sembra.



Opera terza di Wisit Sasanatieng (tra gli esponenti più significativi della new wave thailandese), è un horror che, dietro l’interessante elemento delle inquietudini femminili, svela una struttura convenzionale, un ritmo fiacco e uno script a tratti ridicolo. La paura scarseggia, sostituita da una prima parte troppo lunga e da un finale consacrato a inutili dettagli raccapriccianti. Lo spettatore occidentale può trovarvi facili parallelismi con film come The Others (Alejandro Amenábar, 2001), ma Sasanatieng guarda in realtà a tutta una tradizione di cinema orientale incentrata sui fantasmi, così come allo stile dell’illustratore di ghost stories thai Hem Vejakorn. L’ambientazione anni Trenta appare più fittizia che suggestiva: nulla a che vedere con la fiammeggiante atmosfera rétro dell’esordio del regista, Le lacrime della tigre nera (2000).
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