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Vegas: Based on a true story
Durata
102
Formato
Regista
Un misterioso individuo irrompe nella routine di una famiglia che abita alla periferia di Las Vegas offrendo una grossa quantità di denaro per acquistare la loro casa. Una serie di eventi sconvolgerà il loro già precario equilibrio, minato dal vizio del gioco.
Spostandosi da New York a Las Vegas, l'iraniano Naderi continua a filmare i baluginii di un sogno americano definitivamente imploso, cogliendone gli aspetti più laterali ed estremi. Se il cinema di Naderi è da sempre un cinema di luoghi, Vegas non fa eccezione e dichiara già nel titolo l'importanza della sua collocazione territoriale. Il deserto, luogo ricorrente nel cinema del regista (basti pensare ad un titolo centrale nella sua filmografia come Acqua, vento, sabbia del 1989), è stavolta immagine e diretta emanazione della reificazione prodotta sui suoi abitanti dal gioco d'azzardo. È dalla ludopatia che i due genitori del film cercano inutilmente di venire fuori ed è proprio una folle partita di reality gambling che li trascina nel baratro. Accade così che l'unica speranza di rinascita, flebile ma comunque presente, sia riposta nei più giovani, su cui la droga dell'azzardo patologico non ha ancora prodotto danni irreversibili. Come sempre nei film del regista appare in crescendo il finale, stavolta spinto verso un delirante punto di non ritorno e verso un ultimo stadio di autodistruzione. Di grande pregnanza espressiva il taglio visivo del film, in cui, contrappuntati dalla totale assenza di colonna sonora musicale, abbondano panorami di bellezza atona e lunare.
Spostandosi da New York a Las Vegas, l'iraniano Naderi continua a filmare i baluginii di un sogno americano definitivamente imploso, cogliendone gli aspetti più laterali ed estremi. Se il cinema di Naderi è da sempre un cinema di luoghi, Vegas non fa eccezione e dichiara già nel titolo l'importanza della sua collocazione territoriale. Il deserto, luogo ricorrente nel cinema del regista (basti pensare ad un titolo centrale nella sua filmografia come Acqua, vento, sabbia del 1989), è stavolta immagine e diretta emanazione della reificazione prodotta sui suoi abitanti dal gioco d'azzardo. È dalla ludopatia che i due genitori del film cercano inutilmente di venire fuori ed è proprio una folle partita di reality gambling che li trascina nel baratro. Accade così che l'unica speranza di rinascita, flebile ma comunque presente, sia riposta nei più giovani, su cui la droga dell'azzardo patologico non ha ancora prodotto danni irreversibili. Come sempre nei film del regista appare in crescendo il finale, stavolta spinto verso un delirante punto di non ritorno e verso un ultimo stadio di autodistruzione. Di grande pregnanza espressiva il taglio visivo del film, in cui, contrappuntati dalla totale assenza di colonna sonora musicale, abbondano panorami di bellezza atona e lunare.
