Magic Lantern

Magic Lantern

Anno

Paese

Usa

Generi

Durata

93

Formato

Regista

In un piccolo cinema di Los Angeles un giovane proiezionista (Monk Serrell Freed) si innamora della protagonista di un film da lui proiettato (Sophie Lane Curtis): nella sua percezione, cinema e realtà cominciano a confondersi sempre di più.



Un ragazzo che corre tra i corridoi bui di un vecchio magazzino dove sono affastellati costumi e vecchi oggetti di scena del cinema che fu, mentre in lontananza risuonano le note di Cheek to Cheek cantate da Fred Astaire: si apre con una sequenza suggestiva e in assoluta continuità con il cuore del cinema naderiano questo film volatile e appassionato, tanto naif da apparire disarmante, concepito da Naderi per omaggiare il grande cinema classico (quello di Minnelli e Ophüls). Se la sequenza di apertura lascia intravedere immagini e movimenti di grande suggestione, ben presto purtroppo lo sviluppo narrativo conduce il film verso il cul de sac di un debole gioco di rifrazioni sul rapporto tra cinema e realtà, sulla fine del cinema e sul ruolo dei nuovi device (ossessiva e disturbante la suoneria di uno smartphone) nella costruzione del tessuto audiovisivo contemporaneo, ma siamo molto lontani dalla potenza e dal vigore del miglior cinema del regista iraniano. I toni a questo giro, a sorpresa, sono quelli edulcorati e aerei di una love-story impossibile, incastrata dentro la cornice di un esile gioco meta cinematografico, prevedibile e involuto, che i protagonisti attraversano, letteralmente, come fantasmi. Tra le presenze ectoplasmatiche da segnalare, l’epifania di una astratta Jacqueline Bisset, monumento nostalgico all’età dell’oro della celluloide. Innegabili il candore e la sincerità con cui Naderi ha concepito l’operazione, ma l’ispirazione e l’incisività mostrano precocemente la corda e rimane distante il fascino di un film come Cut (2011), dove la passione per il cinema si fa gesto, corpo, sangue. Proprio di Cut, Magic Lantern rappresenta una sorta di negativo: una storia d’amore che, inevitabilmente, è già storia di fantasmi, album di memorie disincarnate di un cinema uscito ormai forse definitivamente dal nostro presente.
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