Velocità massima
Durata
111
Formato
Regista
Claudio (Cristiano Morroni) è un giovane romano con la passione per le automobili. Stefano (Valerio Mastandrea), il proprietario dell'officina in cui il ragazzo lavora, si accorge del talento del giovane per i motori e decide di coinvolgerlo nel mondo delle corse clandestine per poter settare al meglio l'auto vincente. .
Velocità massima segna l'infelice esordio alla regia di un lungometraggio di finzione per Daniele Vicari, che scade troppo presto nel convenzionale e nello stereotipo, ammiccando sin dai primi minuti a un'estetica hollywoodiana che non gli appartiene (solamente di un anno prima è il celeberrimo Fast and Furious del 2001, dal budget decisamente più ricco). Provando a trasportare le vicende in una Roma piatta e per nulla credibile, il regista struttura la storia su una base narrativa fragilissima e sembra perdere il controllo del progetto in una parte centrale decisamente troppo lunga e priva di svolte significative, per poi chiudere frettolosamente con una corsa finale che avrebbe potuto, ma soprattutto dovuto, regalare molte più emozioni di quanto realmente faccia. Interessante e più riuscito è invece il rapporto che si instaura tra i due protagonisti (grazie anche alla spontanea alchimia nata tra Mastandrea e Morroni), ma, a conti fatti, si tratta di un lavoro evitabile e facilmente dimenticabile, che rimane sempre ben lontano dal toccare la velocità massima citata nel titolo. Il film venne presentato in concorso al Festival di Venezia e regalò a Vicari un David di Donatello come migliore regista emergente.
Velocità massima segna l'infelice esordio alla regia di un lungometraggio di finzione per Daniele Vicari, che scade troppo presto nel convenzionale e nello stereotipo, ammiccando sin dai primi minuti a un'estetica hollywoodiana che non gli appartiene (solamente di un anno prima è il celeberrimo Fast and Furious del 2001, dal budget decisamente più ricco). Provando a trasportare le vicende in una Roma piatta e per nulla credibile, il regista struttura la storia su una base narrativa fragilissima e sembra perdere il controllo del progetto in una parte centrale decisamente troppo lunga e priva di svolte significative, per poi chiudere frettolosamente con una corsa finale che avrebbe potuto, ma soprattutto dovuto, regalare molte più emozioni di quanto realmente faccia. Interessante e più riuscito è invece il rapporto che si instaura tra i due protagonisti (grazie anche alla spontanea alchimia nata tra Mastandrea e Morroni), ma, a conti fatti, si tratta di un lavoro evitabile e facilmente dimenticabile, che rimane sempre ben lontano dal toccare la velocità massima citata nel titolo. Il film venne presentato in concorso al Festival di Venezia e regalò a Vicari un David di Donatello come migliore regista emergente.