Wild

Cheryl Strayed (Reese Whiterspoon), dopo la morte inaspettata della madre (Laura Dern) vede naufragare anche il proprio matrimonio. Decide così di buttarsi sul Pacific Crest Trail: 1600 km a piedi, in solitaria, nel paesaggio americano più puro, dalla California meridionale alle foreste dell'Oregon.

Jean-Marc Vallée, dopo il successo di Dallas Buyers Club (2013), racconta la storia vera di una ragazza che riversa il proprio disagio e la propria turbolenza, la dipendenza dall'eroina e tutte le intemperanze affettive e sessuali, nel proposito di compiere un viaggio estremo a contatto con la natura, per ristabilire un contatto con se stessa. Refrattaria a ogni conformismo, Cheryl, interpretata con buona dedizione dalla misurata Reese Whiterspoon, è tuttavia al centro di un lungometraggio fiacco e senza nerbo, che indulge pigramente sul prototipo risaputo del film ambientato “nelle terre selvagge”, senza aggiungere nulla al genere, e limitandosi a ripercorrerne pigramente tutti gli stereotipi. A infierire sulla mollezza irritante e ammiccante della pellicola contribuisce, in modo totalmente controproducente, la regia di Vallée, che si affida a continui flashback messi in campo attraverso un montaggio convulso e pacchiano, con sonore cadute di stile che sembrano espressionismo psicologico di bassissima lega, enfatico e rivedibile. Decisamente scadente anche la sceneggiatura di Nick Hornby, che asseconda il pantano statico del film, con l'immancabile redenzione finale. Nomination agli Oscar come miglior attrice protagonista e non protagonista, rispettivamente, per Reese Whiterspoon e Laura Dern.