Un héros très discret
Un héros très discret
Durata
107
Formato
Regista
Nella Parigi del 1945, quasi alla fine della guerra, Albert (Mathieu Kassovitz) si costruisce un'identità fittizia quale eroe della resistenza, per la cui causa però non ha mai realmente combattuto. Il suo raggiro, tuttavia, colpisce nel segno e l'uomo si appropria di uno status che le sue bugie gli fanno guadagnare molto rapidamente, vedendo crescere intorno a sé il giudizio di valore che gli altri gli attribuiscono e avviandosi a una fulminea carriera militare.
Adattando il romanzo omonimo firmato da Jean François Deniau dell'Académie Française, Jacques Audiard, affiancato da Alain Le Henry in sede di sceneggiatura, col quale aveva scritto anche il precedente Regarde les hommes tomber (1994), firma un altro film ambizioso e radicale, estremo nelle intenzioni ma confuso e rabberciato nei risultati, con continue oscillazioni temporali e un'ambizione troppo avventata nel mescolare immagini disparate e variegate, per formato e caratteristiche strutturali. Il regista francese ha dalla sua tanta perizia, una conoscenza dettagliata e maniacale della materia che si ritrova a stringere tra le mani, ma la sua ossessività finisce per strangolare l'operazione e frenarne, se non soffocarne, il respiro, tramutandola in un esercizio di stile votato all'accumulo. Il nocciolo più interessante del film sta nella contrapposizione tra finzione e documentario, ma è anch'essa troppo studiata a tavolino e artefatta per andare oltre il solleticamento esclusivamente intellettuale. Il protagonista Mathieu Kassovitz è alle prese con una miriade di situazioni diverse e di "cambi d'abito" del suo personaggio, in senso metaforico, ma riesce a reggere il tutto con discreta diligenza. Generosissimo Premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes. Mai distribuito in Italia.
Adattando il romanzo omonimo firmato da Jean François Deniau dell'Académie Française, Jacques Audiard, affiancato da Alain Le Henry in sede di sceneggiatura, col quale aveva scritto anche il precedente Regarde les hommes tomber (1994), firma un altro film ambizioso e radicale, estremo nelle intenzioni ma confuso e rabberciato nei risultati, con continue oscillazioni temporali e un'ambizione troppo avventata nel mescolare immagini disparate e variegate, per formato e caratteristiche strutturali. Il regista francese ha dalla sua tanta perizia, una conoscenza dettagliata e maniacale della materia che si ritrova a stringere tra le mani, ma la sua ossessività finisce per strangolare l'operazione e frenarne, se non soffocarne, il respiro, tramutandola in un esercizio di stile votato all'accumulo. Il nocciolo più interessante del film sta nella contrapposizione tra finzione e documentario, ma è anch'essa troppo studiata a tavolino e artefatta per andare oltre il solleticamento esclusivamente intellettuale. Il protagonista Mathieu Kassovitz è alle prese con una miriade di situazioni diverse e di "cambi d'abito" del suo personaggio, in senso metaforico, ma riesce a reggere il tutto con discreta diligenza. Generosissimo Premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes. Mai distribuito in Italia.