Non è vero ma ci credo
2018
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Stefano Anselmi
Attori
Nunzio Fabrizio Rotondo
Paolo Vita
Maurizio Mattioli
Loredana Cannata
Elisa Di Eusanio
Micol Azzurro
Giulia Di Quilio
Maurizio Lombardi
Yari Gugliucci
Paolo Gattini
Yoon C. Joyce
Nunzio (Nunzio Fabrizio Rotondo) e Paolo (Paolo Vita) sono amici da sempre ma il loro sodalizio ha prodotto solo una serie di business falliti finanziati dalle loro mogli, che adesso minacciano di sbatterli fuori di casa. I due si convincono che il vegetarianesimo è però la svolta modaiola del futuro e iniziano una nuova avventura, ma non tutto andrà come previsto... I comici Nunzio Fabrizio Rotondo e Paolo Vita, dopo l’esperienza televisiva a Magic Tv che li ha resi popolari nei circuiti locali romani e il film per il piccolo schermo Innamorati di me (2017), andato piuttosto bene su Sky in termini di ascolti, si cimentano con la loro prima esperienza cinematografica, esordio dietro la macchina da presa di Stefano Anselmi, già aiuto regista di Carlo Vanzina: il tentativo è quello di dare vita a una commedia dallo spunto gastronomico gioviale e attuale, che prova a intavolare una leggiadra farsetta brillante dai tratti garbati, che più che allo scenario comico nostrano guarda a tante commedie francesi, per fisionomia e levità. L’idea di partenza, legata alla dicotomia tra carnivori e vegani, non si risolve mai in un conflitto vero e proprio ma è stemperata quasi sempre da uno sguardo ingenuo e naïf, alieno a ogni schermaglia, in bilico tra vocazione fiabesca e fisionomia da cartone animato, che avrebbe anche potuto fornire al film una certa dose di originalità e un passo tutto suo. Peccato però che la scrittura delle gag e i singoli passaggi siano gestiti in maniera approssimativa e frettolosa, con forzature che faticano a strappare il sorriso e battute e caratterizzazioni già viste e stantie, risolte repentinamente (il cinese che parla romano) o pronte a rifugiarsi in barlumi di volgarità fuori posto (i peti dell’Armando di Maurizio Mattioli, arraffone e criminale, affetto da colite). Come se non ci si sentisse davvero sicuri della godibilità dell’impianto generale, che invece, se sfruttato e curato con maggiore convinzione, avrebbe potuto regalare più soddisfazioni e una manciata in più di coinvolgimento e di risate, che invece faticano ad arrivare nei tempi e nei modi giusti, andando spesso fuori giri e fuori registro. Sapide, ad ogni modo, la scena delle comparse pagate al ristorante e l’idea, purtroppo sfruttata solo in parte e nella maniera più sottotono, di trasformare il medesimo luogo in uno spazio quasi performativo, a riprova di quanto ci sia tutto sommato del buono, scavando sotto la superficie pressappochista. Loredana Cannata fornisce un’autoironica partecipazione nei panni sostanzialmente di se stessa, vegana battagliera e sugli scudi.
Maximal Interjector
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