Como era gostoso e meu francês

Fine 1500. I Tupinambá, alleati con i francesi, sono in lotta con i Tupiniquim e i portoghesi. Un uomo francese (Arduíno Colassanti), scambiato per portoghese, viene catturato dai Tupinambá e vivrà con loro fino a quando non sarà pronto per il banchetto antropofago che questi stanno organizzando. 

Inizia come una commedia in cui la voce narrante descrive la scena ribaltandone il senso, manipolando la realtà come -pare suggerire il regista- la storia ha sempre fatto nei confronti delle popolazioni colonizzate. Tuttavia, fin dai primi minuti dopo i titoli il film assume, senza mai perdere l’atmosfera canzonatoria, toni più realistici nel raccontare gli intrighi e i commerci coloniali, le tradizioni e le guerre tra popolazioni native. Plausibilmente per motivi di budget, l’estetica e il ritmo hanno un che di televisivo che smorza un po’ la potenza del risultato finale, ma la pellicola resta efficace nel raccontare il principio dell’era coloniale con attenzione storica (gli intertitoli che citano navigatori e missionari europei della seconda metà del Cinquecento) e con satira pungente. Innanzitutto, viene rifiutata con divertita ferocia la narrativa, tanto cara a certi prodotti hollywoodiani, dell’outsider che si inserisce e integra nella comunità estranea grazie a eroismo e sincerità di sentimenti. Ma le stoccate non si limitano a questo e sono presenti per tutta la durata del film, a partire dai macabri titoli di testa. Nelson Pereira dos Santos, in collaborazione con il regista pioniere Humberto Mauro, sceglie di girare il film prevalentemente in lingua tupi, ed è un ennesimo elemento di vincente realismo.