Storia vera di Jean-Dominique Bauby (Mathieu Amalric), giornalista francese che rimase colpito da un ictus a soli 43 anni. Costretto a vivere con il corpo (quasi) completamente paralizzato, gli rimane un solo mezzo per poter comunicare con il mondo: il battito della palpebra sinistra.

Terzo lungometraggio e terzo biopic (dopo Basquiat del 1996, sull'omonimo pittore, e Prima che sia notte del 2000, sul romanziere Reinaldo Arenas) firmato da Julian Schnabel, regista eclettico e ad alto tasso intellettuale. Tratto dall'omonima autobiografia dello stesso Bauby (dettata tramite il movimento della palpebra), Lo scafandro e la farfalla è una complessa e affascinante operazione cinematografica, in cui lo spettatore è chiamato a “provare” quello che ha vissuto lo sfortunato protagonista. Tramite un'efficace soggettiva, la cinepresa ci mostra ciò che vede Bauby dopo l'incidente, rendendoci partecipi delle sue sofferenze, delle sue paure e delle sue speranze. Schnabel però, intelligentemente, non si limita a questo e alterna il punto di vista dell'uomo con quello delle persone che gli stanno accanto. Un velo di retorica di troppo non sminuisce l'importanza di una notevole esperienza cinematografica, valorizzata anche dall'ottima prova di Mathieu Amalric e del cast di contorno (da Emmanuelle Seigner a Max von Sydow). Premio per la miglior regia alla 60ª edizione del Festival di Cannes.
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