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Quentin Tarantino: 10 sequenze memorabili
Il cinema di Quentin Tarantino è, sin dal suo folgorante esordio con Le Iene (1992), un chiaro esempio di postmodernità e commistione di generi, in cui il regista di Knoxville è divenuto, negli anni, un vero e proprio maestro. In ogni film, infatti, non mancano sequenze divenute iconiche nel corso del tempo, veri e propri momenti cult: ne abbiamo selezionate 10!

1. Once upon a time... in Nazi-occupied France (Bastardi senza gloria, 2009)

 
La prima sequenza di Bastardi senza gloria è il perfetto ingresso in ciò che Tarantino, tramite le parole di Brad Pitt, ha definito “il suo capolavoro”. Una tensione crescente, un titolo dal sapore di favola che è anche omaggio a Sergio Leone e, collegato al regista italiano, in generale a tutto il mondo del western. Non solo, c’è spazio anche per Alfred Hitchcock e per la messa in pratica del suo discorso distintivo tra suspense e sorpresa, che guida poi al dialogo tra Monsieur Lapadite e Hans Landa sugli ebrei e sul perché siano odiati dai nazisti, con la metafora incisiva tra scoiattoli e topi. Per chiudere, l’omaggio a Sentieri Selvaggi. Au revoir, Shosanna!

2. «Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin...» (Le Iene, 1992)

 
Biglietto da visita, dichiarazione di poetica: l’introduzione a Le Iene è il modo in cui Quentin Tarantino si presenta al cinema, al Sundance Film Festival del 1992. La prima voce che si sente è quella del regista, lo schermo è nero, finché la macchina da presa non prosegue il suo movimento, ruotando intorno al tavolo mostrando chi vi siede: sono un gruppo di uomini, tutti vestiti allo stesso modo, che chiacchierano di Madonna e discutono sulla mancia da dare alle cameriera. Scopriremo poi essere un gruppo di malavitosi che, come avverrà in  Pulp Fiction parlano di argomenti di ordine quotidiano e di cultura pop, come delle persone qualunque.

3. «Ma tu lo hai mai fatto un massaggio ai piedi?» (Pulp Fiction, 1994)

 
Direttamente collegato a Le Iene è Pulp Fiction, del 1994, e non solo perché Mr.Blonde (Michael Madsen) e Vincent Vega (John Travolta) sono fratelli. La conversazione tra Vincent e Jules (Samuel L. Jackson) che inizia in automobile e termina davanti alla porta della camera d’albergo dopo il pianosequenza è infatti erede del primo dialogo del cinema di Tarantino. Si parla di Big Mac, delle piccole differenze tra Europa e Stati Uniti, della birra nei cinema di Amsterdam e, soprattutto, di massaggi ai piedi. Quello il motivo per cui il boss Marcellus Wallace ha ucciso uno dei suoi scagnozzi? Per un massaggio ai piedi a sua moglie Mia (Uma Thurman)? Non lo sapremo mai. I due bussano alla porta, entrano nei personaggi. Die Figur ist die Figur.  

4. You Never Can Tell (Pulp Fiction, 1994)

 
Marcellus Wallace ha deciso, Vincent Vega deve portare fuori sua moglie Mia ed esaudire ogni suo desiderio. I due decidono di andare in un ristorante a tema cinematografico dell’epoca d’oro di Hollywood, immergendosi direttamente negli anni ’50, con Marilyn Monroe e James Dean a servire ai tavoli. La coppia si intrattiene con una conversazione tanto rapida e ipnotica quanto futile: il milkshake da 5 dollari, gli uomini sanno essere più pettegoli di un circolo di cucito e la bistecche: al sangue, naturalmente. Vengono interrotti dall’annuncio di una gara di ballo e Mia vuole partecipare, assolutamente: sulle note di You Never Can Tell può iniziare l’omaggio al passato di John Travolta con La febbre del sabato sera.

5. «Il tuo lato è sempre stato un po' triste e solo, ma non mi metterei da nessun'altra parte». (Kill Bill - Volume 2, 2004)



Dopo un’apertura strepitosa, Kill Bill vol. 2 riprende la narrazione dal capitolo 6: Massacro ai due pini. Il momento delle prove del matrimonio, girato in un meraviglioso bianco e nero. Tutto il secondo capitolo è girato in stile western, e lo mette in chiaro subito il regista, quando la Sposa sta per uscire per prendere aria, la sua soggettiva sulla porta della chiesa, sulle note di Ennio Morricone (Il tramonto) trasforma il luogo sacro in una sorta di saloon, dove a breve si consumerà una carneficina. Non solo, ne segue un dialogo ipnotico tra la protagonista e Bill, visivamente reso dapprima con primi piani e poi con inquadrature dei passi lenti che si avvicinano, come fosse un duello mascherato da conversazione, in cui la tensione latente cresce, interrotta dall’arrivo del futuro (?) marito della Sposa. 

6. «La mocciosa dell'esercito americano fece il suo primo incontro con la morte a nove anni». (Kill Bill - Volume 1, 2003)


 

L’amore di Quentin Tarantino per il cinema orientale è noto, e non è un caso che Kill Bill vol.1 sia completamente pensato e girato in questo stile registico, a partire dall’abito giallo di Uma Thurman, che tanto richiama la tuta di Bruce Lee. Tra le sequenze più significative del film spicca sicuramente il racconto sul passato di O-Ren Ishii (Lucy Liu), realizzato in animazione orientale. Crudo, sanguinoso, l’anime di Tarantino è una storia di vendetta che rende per un attimo O-Ren l’altra faccia della medaglia della Sposa (il nome non lo si conosce ancora): entrambe spinte dalla sete di vendetta, da un trauma imperdonabile cui vogliono porre fine con il sangue.


7. Margot Robbie è Sharon Tate, al cinema a vedere un film con Sharon Tate (C'era una volta a... Hollywood, 2019)

 
Incantevole e così leggera nel suo sguardo sognante, Margot Robbie in C’era una volta a... Hollywood  regala una sequenza memorabile e metacinematografica in cui Sharon Tate va al cinema a vedere sé stessa. Tarantino parte dai primissimi piani della giovane attrice prima dell’ingresso in sala ed è durante la proiezione che inizia la magia, come giusto sia: lei osserva il film, ci si immerge, quasi lo re-interpreta rifacendo le mosse che vede sul grande schermo e allo stesso tempo ripensa (e noi lo vediamo) alle lezioni di arti marziali per imparare quei movimenti. Il tutto con un sorriso angelico ed emozionato dagli applausi e dalle risate degli altri spettatori, inconsapevoli della sua presenza, tutti per lei. 

8.  «Sul serio volete che vi dia la mano» (Django Unchained, 2012)



«Sul serio volete che vi dia la mano» «Insisto» «Beh, se proprio insistete»: ed è così che King Schultz (Christoph Waltz) si avvicina a Calvin Candie (Leonardo DiCaprio) e con il colpo di pistola, uscita improvvisamente dalla manica, dà inizio allo sfogo di una rabbia e una violenza represse per gran parte della durata del film, e che ora possono esplodere. Non prima di un’inquadratura artistica, in uno dei tanti dettagli che piacciono a Tarantino: il fiore all’occhiello di Calvin, all’altezza del cuore, si macchia di sangue, lui lo osserva inorridito, prima di crollare al suolo, morto. In ralenty vengono mostrate le reazioni soprese dei presenti: Schultz viene ucciso, per Django (Jamie Foxx) può iniziare il tempo della vendetta e dello spargimento di sangue. «Scusate, non ho saputo resistere».

9. «Hey, Einstein, ti capitava anche allora di perderti la macchina?». (Jackie Brown, 1997)

 
Tutto inizia con Melanie (Bridget Fonda) e Louis (Robert De Niro) in un centro commerciale. Lui è visibilmente innervosito e la ragazza lo provoca in continuazione, in un crescendo di parole e piccoli versi atti a far montare in lui un nervoso acuito dalla macchina da presa che sembra pedinarlo a sua volta, facendogli mancare il respiro. Lui tace, ascolta, sopprime la rabbia, il pianosequenza prosegue arrivando al culmine con la ragazza che insinua che lui non sappia dove sia la sua auto nel parcheggio. Lui, esasperato, improvvisamente le spara e si allontana come nulla fosse, parlando poi con il pubblico, esplicitamente spettatore di tutta la scena. «Visto? È dove dicevo io»

10. The End (Grindhouse - A prova di morte, 2007)

 
Tra i finali più efficaci del cinema di Tarantino, sicuramente spicca quello di Grindhouse – A prova di morte. Le tre ragazze in auto riescono a portare a compimento l’inseguimento di Stuntman Mike (Kurt Russell), raggiungendolo e mandandolo fuori strada. Ed è in questo momento che il regista decide di scatenarsi e di stupire: Mike viene trascinato con la forza fuori dalla sua auto e quello che potrebbe essere una sorta di stallo alla messicana (tanto caro al regista) si rivela una condanna per il killer, in cui la macchina da presa segue il ritmo forsennato dei pugni delle ragazze, con tanto di fermo immagine e riprese rapide. The End.
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