After the Curfew

Lewat Djam Malam

Anno

Paese

Generi

Durata

101

Formato

Regista

Iskandar (A.N. Alcaff) torna in città dopo aver lottato per l’indipendenza del suo Paese. Non sembra riuscire a riabituarsi alla vita lontana dal campo di battaglia, soprattutto per colpa di alcuni rimorsi che non lo abbandonano. 

Con coraggio e lucidità, After the Curfew sceglie di raccontare le contraddizioni della transizione postcoloniale indonesiana attraverso una narrazione sobria, forse un po' didascalica ma densissima di sottotesti. Il protagonista, ex-combattente per l’indipendenza, si scontra con una realtà profondamente diversa da quella che aveva immaginato durante la lotta armata. Il ritorno alla vita civile non è pacificazione, ma spaesamento, alienazione, e soprattutto disillusione. L’ideale rivoluzionario si rivela presto corrotto da interessi personali, avidità e tradimenti morali. Il coprifuoco del titolo non è del resto solo una restrizione politica, ma una metafora potente: la libertà conquistata sembra già sotto assedio, e lo sgretolamento interiore di Iskandar è inesorabile. Usmar Ismail costruisce una denuncia politica che non ha bisogno di proclami: bastano i volti, i gesti trattenuti, i dialoghi essenziali, per mostrare come la rivoluzione possa tradire i suoi stessi figli. E tuttavia, non c’è moralismo né semplificazione: il film evita la retorica e rifiuta tanto l’eroismo quanto la condanna assoluta. Anche i personaggi più ambigui conservano una dimensione umana e persino tragicamente comprensibile. Il montaggio, tra struttura alternata e intuizioni non banali, concorre a incorniciare le intense performance del cast. In particolare, durante la resa dei conti con l’ex superiore Gunawan (R.D. Ismail), un’apparentemente semplice campo-controcampo riesce a virare inaspettatamente e con grande forza dal presente al passato, tramite un uso sorprendente del flashback. Un film, quindi, sulla fine delle illusioni (socio-politiche, ma anche personali: il personaggio di Laila, dolentemente interpretato da Dhalia, ne è efficace simbolo) che racconta con complessità la fine della colonizzazione non come traguardo ultimo, ma come un nuovo, tormentato inizio.




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