Elvira Weipthaus (Volker Spengler) è un transessuale. La sua vita sentimentale con Christopher (Karl Scheydt) non lo rende certo felice: abbandonato, riceve l'aiuto di Zora (Ingrid Caven), una prostituta.

Un film che parte dalla disperazione, che della disperazione si nutre e da essa trae tutta la sua linfa. Una sorta di meditazione in forma libera sul suicidio, sulla liceità di abbandonarsi al baratro dei propri fantasmi personali. Fassbinder, assai colpito dal suicidio dell'amico e amante Armin Meier, riversa tutto il suo sconforto in una composizione di altissimo livello, sostenuta da invenzioni visive molteplici ed efficaci. Basti pensare, tra tutte, all'indimenticabile sequenza dei bovini sgozzati che colano sangue, che si oppone alle tante e incantevoli scene in interni. Un anno con 13 lune somiglia a un acquario: al suo interno si galleggia come corpi morti e senza vita, senza punti fermi, in preda al più totale scoraggiamento, privi di motivazioni pregresse così come di una meta definita da raggiungere. Il titolo fa riferimento alla teoria degli anni lunari (il 1978, anno in cui fu girato il film, era uno di questi), nei quali le persone più sensibili del normale sarebbero soggette a depressione.


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