
Cast Away
Cast Away
Premi Principali

Golden Globe al miglior attore in un film drammatico 2001
Durata
138
Formato
Regista
Chuck Noland (Tom Hanks), dirigente della FedEx, vive con l'orologio in mano e con il cercapersone sempre acceso. Durante un viaggio di lavoro, il suo volo incontra una tempesta e, per miracolo, Chuck si salva finendo da solo su un'isola deserta. Resterà per quattro anni isolato dal mondo.
Versione moderna di Robinson Crusoe, Cast Away propone una rilettura della figura del naufrago: al posto del selvaggio Venerdì, c'è il pallone Wilson. Tom Hanks, dimagrito di oltre venti chili, è pienamente in parte e, grazie alla sua performance, riesce a nascondere, galvanizzare o almeno a camuffare alcuni passaggi troppo prolissi e meno suggestivi di altri, unico appunto di un film ambizioso e diseguale nell'affrontare la propria sfida titanica, ma che comunque ha spalle larghe a sufficienza per sostenerla e per portarla fino in fondo, prendendo per mano lo spettatore e chiedendogli un altissimo grado di tensione e compartecipazione. Anche in questo caso, come in Ritorno al futuro (1985), è presente una riflessione sul tempo: il tempo che perdiamo, il tempo che non abbiamo mai, il tempo che non ci prendiamo per noi, il tempo che sfugge dalle grinfie di Chuck Noland, naufrago alle prese con il vuoto esistenziale, con un vita che sembra sgattaiolargli via dalle mani e per la quale imbastire una feroce lotta per la sopravvivenza. Spettacolari le scene della tempesta e del tentativo dell'uomo di lasciare l'isola a bordo di una zattera, momenti esemplari del cuore pulsante dell'arte di Zemeckis: un cinema che si confronta costantemente con la narrazione dell'epicità e con la quintessenza della meraviglia, esplorandola in tutte le sue forme.
Versione moderna di Robinson Crusoe, Cast Away propone una rilettura della figura del naufrago: al posto del selvaggio Venerdì, c'è il pallone Wilson. Tom Hanks, dimagrito di oltre venti chili, è pienamente in parte e, grazie alla sua performance, riesce a nascondere, galvanizzare o almeno a camuffare alcuni passaggi troppo prolissi e meno suggestivi di altri, unico appunto di un film ambizioso e diseguale nell'affrontare la propria sfida titanica, ma che comunque ha spalle larghe a sufficienza per sostenerla e per portarla fino in fondo, prendendo per mano lo spettatore e chiedendogli un altissimo grado di tensione e compartecipazione. Anche in questo caso, come in Ritorno al futuro (1985), è presente una riflessione sul tempo: il tempo che perdiamo, il tempo che non abbiamo mai, il tempo che non ci prendiamo per noi, il tempo che sfugge dalle grinfie di Chuck Noland, naufrago alle prese con il vuoto esistenziale, con un vita che sembra sgattaiolargli via dalle mani e per la quale imbastire una feroce lotta per la sopravvivenza. Spettacolari le scene della tempesta e del tentativo dell'uomo di lasciare l'isola a bordo di una zattera, momenti esemplari del cuore pulsante dell'arte di Zemeckis: un cinema che si confronta costantemente con la narrazione dell'epicità e con la quintessenza della meraviglia, esplorandola in tutte le sue forme.