Dead Man's Wire
Dead Man's Wire
Durata
105
Formato
Regista
La mattina dell’8 febbraio 1977, Anthony G. “Tony” Kiritsis (Bill Skarsgård), quarantaquattro anni, entra nell’ufficio di Richard O. Hall (Dacre Montgomery), presidente della Meridian Mortgage Company, e lo prende in ostaggio con un fucile a canne mozze calibro 12 collegato con un “dead man’s wire”, un cavo teso dal grilletto al collo di Hall.
Questa è la vera storia di un fatto di cronaca sconvolgente: Tony chiese cinque milioni di dollari, di non essere né accusato né processato, e scuse personali da parte degli Hall per averlo truffato di ciò che gli era “dovuto”. Le azioni disperate di Kiritsis riescono a parlare ancora al presente ed è probabilmente questa la principale ragione per cui Gus Van Sant ha scelto questo difficile progetto per tornare a lavorare al cinema dopo ben sette anni da Don’t Worry. Reduce da diversi film ben poco riusciti – si pensi al pessimo La foresta dei sogni (2015) – il regista americano punta sul sicuro con una pellicola interessante già dal soggetto e ricca di omaggi alla storia del cinema a stelle e strisce. Sembra infatti un film della New Hollywood, Dead Man’s Wire, e non è un caso che il villain sia interpretato da Al Pacino, protagonista di uno dei più grandi film che parlano di ostaggi dell’intera storia del cinema: lo splendido Quel pomeriggio di un giorno da cani di Sidney Lumet del 1975. La portata è qui chiaramente molto inferiore, ma Van Sant dà comunque vita a un prodotto godibile e dotato di buona tensione dall’inizio alla fine. Non ci sono grandi guizzi durante la visione o spunti capaci di rimanere impressi a lungo dopo i titoli di coda, ma resta comunque un lavoro riuscito ed efficace in quel che vuole raccontare. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.