In Calabria, un anziano (Angelo Frammartino) incontra una ragazza (Gabriella Maiolo), ritardata ma convinta di essere posseduta, che ogni tanto si concede ai passanti e decide di farle un regalo.

Diretto dal milanese e promettente Michelangelo Frammartino negli antichi e sperduti paesi calabri della costa ionica di cui sono originari i genitori, Il dono, avente come protagonista il nonno del regista, è un oggetto cinematografico strano e alienato, non conforme e resistente ai canoni del cinema italiano contemporaneo. Il film di Frammartino da un lato è legato al sentimento e alla sensibilità popolare, scarna e a agreste, che lo avvicina a cineasti del calibro Šarūnas Bartas e Béla Tarr, ma dall'altro non rinuncia a un raffinato stile d'ispirazione pittorica che guarda tanto a Diego Velázquez quanto a Jan Vermeer. Suggestivo, anche se la trama è nulla e pressoché inesistente, incapace di apportar alcunché di dinamico allo sguardo del regista, che saggiamente, dal film successivo (Le quattro volte del 2010), si è spostato sul documentario propriamente detto. O quasi.
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