Nella periferia di Torino negli anni Settanta, un gruppo di bambini gioca abitualmente in un capannone industriale, accorgendosi del terribile segreto nascosto dallo stimato medico (Filippo Timi) della zona. Cresciuti, Cinzia (Valeria Solarino), Carmine (Valerio Mastandrea) e Sandro (Stefano Accorsi) portano ancora emotivamente i segni di quella scoperta.

Tratto dall'omonimo romanzo di Stefano Massaron, il film ha l'ambizione di restituire le atmosfere malate e miserande della periferia operaia, ma, pur affrontando una tematica difficile e emotivamente impegnativa, manca di un'anima, troppo concentrato su una resa che si vorrebbe forzatamente autoriale. L'aspetto visivo gioca, infatti, tra flashback e fuori fuoco, privilegiando questa componente rispetto all'andamento narrativo, dando così l'impressione di assistere a un semplice esercizio di stile fine a se stesso. La struttura narrativa non dà spazio ai personaggi, che ne escono piuttosto stereotipati, e anche il cast risulta poco convincente, a parte il bravo Mastandrea, mentre il villain di Filippo Timi è involontariamente grottesco e sopra le righe. Presentato alle Giornate degli autori della Mostra del Cinema di Venezia.
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