Funny Games
Funny Games
Durata
111
Formato
Regista
Una famiglia tipo si appresta a trascorrere le vacanze nella casa di villeggiatura in riva al lago. La situazione di idillio familiare viene turbata da due giovani sconosciuti che riescono a entrare in casa presentandosi educati e molto formali. I due (Michael Pitt e Brady Corbet) gettano subito la maschera, e in seguito a una banale discussione aggrediscono violentemente e sistematicamente i membri della famiglia, in una escalation programmatica di sadismo gratuito. I due giovani propongono alla famiglia di partecipare a una scommessa, come quelle televisive, i cui termini sono quelli di vita o di morte nelle successive dodici ore. Il gioco ha così inizio.
Versione americana dell'originale austriaco del 1997, il film segue la stessa trama del precedente. Quello che cambiano sono gli attori: a impersonare mamma e papà ci sono i divi americani Naomi Watts e Tim Roth, mentre i due ragazzi psicopatici hanno i volti ammalianti di Michael Pitt e Brady Corbet. Nonostante sia un mero esempio di riproduzione, quello che stupisce in Funny Games non è tanto l'effetto fotocopia dell'originale, bensì il suo repentino cambio di prospettive. Haneke, infatti, dopo un'opera tesa a destrutturare i meccanismi di conformismo che reggono la società borghese, passa a una pellicola la cui prerogativa è quella di scandagliare a fondo le dinamiche familiari. Risultato che riesce a ottenere attraverso impercettibili spostamenti narrativi e quasi invisibili incongruenze registiche, che gli permettono di operare ragionamenti complessi di impianto sociologico relativi al contesto sociale americano post-11 settembre: Haneke rifà se stesso, ma è proprio questo slittamento di contesto a dare un senso all'intera operazione. Ed è proprio per questo valore aggiunto che la versione americana di Funny Games, nonostante sia un remake shot-for-shot (inquadratura per inquadratura), riesce comunque a inquietare e colpire, soprattutto il grande pubblico che, attirato dai nomi degli attori e dalla promozione pubblicitaria che paragonava il film ad Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick, si ritrovò davanti a un film spiazzante e inaspettato.
Versione americana dell'originale austriaco del 1997, il film segue la stessa trama del precedente. Quello che cambiano sono gli attori: a impersonare mamma e papà ci sono i divi americani Naomi Watts e Tim Roth, mentre i due ragazzi psicopatici hanno i volti ammalianti di Michael Pitt e Brady Corbet. Nonostante sia un mero esempio di riproduzione, quello che stupisce in Funny Games non è tanto l'effetto fotocopia dell'originale, bensì il suo repentino cambio di prospettive. Haneke, infatti, dopo un'opera tesa a destrutturare i meccanismi di conformismo che reggono la società borghese, passa a una pellicola la cui prerogativa è quella di scandagliare a fondo le dinamiche familiari. Risultato che riesce a ottenere attraverso impercettibili spostamenti narrativi e quasi invisibili incongruenze registiche, che gli permettono di operare ragionamenti complessi di impianto sociologico relativi al contesto sociale americano post-11 settembre: Haneke rifà se stesso, ma è proprio questo slittamento di contesto a dare un senso all'intera operazione. Ed è proprio per questo valore aggiunto che la versione americana di Funny Games, nonostante sia un remake shot-for-shot (inquadratura per inquadratura), riesce comunque a inquietare e colpire, soprattutto il grande pubblico che, attirato dai nomi degli attori e dalla promozione pubblicitaria che paragonava il film ad Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick, si ritrovò davanti a un film spiazzante e inaspettato.