Il tempo dei lupi
Le temps du loup
Durata
114
Formato
Regista
Anna (Isabelle Huppert), insieme al marito Georges (Daniel Duval) e ai due figli (Anaïs Demoustier, Lucas Biscombe), arriva nella casa di campagna di famiglia e la trova occupata da un gruppo di extracomunitari: Georges viene ucciso immediatamente, a sangue freddo. La donna cerca aiuto tra gli abitanti del villaggio che, impauriti e rinchiusi nelle loro case, glielo negano. Durante la notte, trascorsa in un casolare, incontrano un giovane ladruncolo che li conduce in una desolata fabbrica-stazione, dove hanno trovato rifugio uomini, donne, vecchi e bambini delle più svariate nazionalità.
Con Il tempo dei lupi, presentato al Festival di Cannes nel 2004, Michael Haneke allarga i suoi orizzonti per descrivere una società che ha perso il senso ultimo dell'esistenza. Lo spettatore viene immerso in un incubo fatto di soffocante staticità, dove, per ottenere un posto sicuro e dell'acqua, si è disposti anche a uccidere. In un luogo senza definizione geografica e temporale, Haneke ambienta un'ennesima riflessione sulla violenza, la xenofobia e l'incapacità degli esseri umani di darsi una mano gli uni con gli altri. Purtroppo, però, la messa in scena risulta ostica e fine a se stessa, inficiando gravemente sul potenziale complessivo dell'opera, che può sembrare una sorta di embrione (dal punto di vista degli intenti tematici) del successivo, e ben più riuscito, Il nastro bianco (2009).
Con Il tempo dei lupi, presentato al Festival di Cannes nel 2004, Michael Haneke allarga i suoi orizzonti per descrivere una società che ha perso il senso ultimo dell'esistenza. Lo spettatore viene immerso in un incubo fatto di soffocante staticità, dove, per ottenere un posto sicuro e dell'acqua, si è disposti anche a uccidere. In un luogo senza definizione geografica e temporale, Haneke ambienta un'ennesima riflessione sulla violenza, la xenofobia e l'incapacità degli esseri umani di darsi una mano gli uni con gli altri. Purtroppo, però, la messa in scena risulta ostica e fine a se stessa, inficiando gravemente sul potenziale complessivo dell'opera, che può sembrare una sorta di embrione (dal punto di vista degli intenti tematici) del successivo, e ben più riuscito, Il nastro bianco (2009).