Harry Graham (Edmond O’Brien) e sua moglie Eve (Joan Fontaine) sono una coppia di San Francisco che sta terminando le pratiche per un’adozione. Il funzionario che segue il loro caso (Edmund Gwenn) scopre che a Los Angeles Harry ha sposato un’altra donna (Ida Lupino) da cui ha anche avuto un figlio.

Ida Lupino dirige un film dalle tematiche per l’epoca forti della sterilità e della bigamia. La storia si sviluppa però, nonostante tutto, lungo binari melodrammatici piuttosto risaputi: solidi ma poco originali. Lupino si riserva la parte e le battute migliori, mentre Joan Fontaine è reclusa in un secondo piano meno memorabile. Efficace invece la scrittura del protagonista maschile, involontariamente crudele, costretto da codardia e insicurezze a fare del male alle persone che ama. Il discorso finale tra l’avvocato e il giudice smaschera certe ipocrisie sociali che sarebbero restate indifferenti nel caso Harry avesse avuto un’amante, mentre sono pronte al linciaggio per la presenza di una seconda moglie riconosciuta dalla legge. Ottime tutte le interpretazioni, soprattutto quelle femminili: lo scambio di sguardi in tribunale, unica scena in cui le due attrici condividono lo schermo, dimostra in pochi secondi la loro bravura e intensità. Prodotto dalla Filmakers della stessa Lupino, il film è sceneggiato da Collier Young, che aveva recentemente divorziato dalla regista e che da poco aveva contratto matrimonio con Joan Fontaine. Incomprensibile la scelta della traduzione italiana del titolo.
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