Hadewijch
Hadewijch
Durata
105
Formato
Regista
Novizia che intende prendere i voti con il nome di Hadewijch, Céline (Julie Sokolowski), viene allontanata dal convento a causa delle sua troppa foga religiosa, ai limiti del fanatismo. Finisce a Parigi, dove fa la conoscenza di Nassir (Yassine Salim), fondamentalista islamico. I due stringeranno una forte intesa spirituale.
Bruno Dumont, ex professore di filosofia e regista esploso nel 1997 con L'età inquieta, tenta di trovare un'uscita dalle secche in cui è rimasto incagliato con la sbandata autorial-scandalistica di Twentynine Palms (2003) e lo fa raccontando, a modo suo, il misticismo e la fede religiosa. In realtà, il rapporto tra uomini cristiani e musulmani è da sempre stato presente nella filmografia di Dumont sin dalla sua pellicola d'esordio e in questo lungometraggio assurge a vero protagonista. L'approccio del regista, tuttavia, è sempre il medesimo: il suo è un cinema dei corpi e del silenzio, un cinema ermetico e autistico che sembra voler punire lo spettatore. La fede (cristiana o islamica che sia) sembra assomigliare a un incantesimo capace di persuadere e suggestionare persone deboli e ridotte a semplici pezzi di carne bisognosi di una guida. Cinema onesto e coraggioso, ma imbrigliato in una poetica incompiuta e acerba. Come molte altre opere del regista, ha trovato tanti estimatori quanti detrattori. Vincitore del premio della critica al Toronto Film Festival.
Bruno Dumont, ex professore di filosofia e regista esploso nel 1997 con L'età inquieta, tenta di trovare un'uscita dalle secche in cui è rimasto incagliato con la sbandata autorial-scandalistica di Twentynine Palms (2003) e lo fa raccontando, a modo suo, il misticismo e la fede religiosa. In realtà, il rapporto tra uomini cristiani e musulmani è da sempre stato presente nella filmografia di Dumont sin dalla sua pellicola d'esordio e in questo lungometraggio assurge a vero protagonista. L'approccio del regista, tuttavia, è sempre il medesimo: il suo è un cinema dei corpi e del silenzio, un cinema ermetico e autistico che sembra voler punire lo spettatore. La fede (cristiana o islamica che sia) sembra assomigliare a un incantesimo capace di persuadere e suggestionare persone deboli e ridotte a semplici pezzi di carne bisognosi di una guida. Cinema onesto e coraggioso, ma imbrigliato in una poetica incompiuta e acerba. Come molte altre opere del regista, ha trovato tanti estimatori quanti detrattori. Vincitore del premio della critica al Toronto Film Festival.