Camille Claudel 1915
Camille Claudel 1915
Durata
95
Formato
Regista
1913. Talentuosa scultrice e artista francese, Camille Claudel (Juliette Binoche) venne internata in manicomio. Nel 1915 aspettò una visita del fratello per tre, lunghissimi, giorni.
Interessante ma incompiuta opera di transizione di Bruno Dumont, tra i più radicali e discussi registi francesi, che qui si apre parzialmente al biopic. Camille Claudel fu infatti una grande artista francese dei primi del Novecento, compagna e collega di Rodin, poi rinchiusa dalla madre in manicomio per motivi oscuri, dove rimase sino alla morte. L'unione del cinema autoriale e filosofico di Dumont con una personaggio realmente esistito e, soprattutto, con un'attrice del calibro di Juliette Binoche poteva dare vita a qualcosa di più fruibile dal grande pubblico rispetto alle opere precedenti del regista. Nonostante lo straordinario impegno della protagonista (che recita con veri malati psichici) e la piacevole contemplazione del paesaggio francese, il film cerca di scavare dentro l'artista Claudel in modo totalmente fumoso e astratto, trasformandola nell'ennesimo personaggio dumontiano fatto di carne e pulsioni animalesche che si staglia sullo sfondo naturale. La sensazione di incompiutezza e impenetrabilità dell'opera rimane tangibile (la stessa visita del fratello non sembra portare a nulla), e il dubbio se il fatto sia voluto o meno permane. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
Interessante ma incompiuta opera di transizione di Bruno Dumont, tra i più radicali e discussi registi francesi, che qui si apre parzialmente al biopic. Camille Claudel fu infatti una grande artista francese dei primi del Novecento, compagna e collega di Rodin, poi rinchiusa dalla madre in manicomio per motivi oscuri, dove rimase sino alla morte. L'unione del cinema autoriale e filosofico di Dumont con una personaggio realmente esistito e, soprattutto, con un'attrice del calibro di Juliette Binoche poteva dare vita a qualcosa di più fruibile dal grande pubblico rispetto alle opere precedenti del regista. Nonostante lo straordinario impegno della protagonista (che recita con veri malati psichici) e la piacevole contemplazione del paesaggio francese, il film cerca di scavare dentro l'artista Claudel in modo totalmente fumoso e astratto, trasformandola nell'ennesimo personaggio dumontiano fatto di carne e pulsioni animalesche che si staglia sullo sfondo naturale. La sensazione di incompiutezza e impenetrabilità dell'opera rimane tangibile (la stessa visita del fratello non sembra portare a nulla), e il dubbio se il fatto sia voluto o meno permane. Presentato in concorso al Festival di Berlino.